Ora come tre anni fa , il Kazakistan sarebbe impegnato a torchiare la libera circolazione di idee e notizie sulla Internet nazionale: l’ultima novità del tecnocontrollo a opera delle autorità locali riguarderebbe l’installazione obbligatoria di un certificato crittografico atto a spiare le comunicazioni HTTPS, rivela il New York Times .
A partire dal primo gennaio 2016, dice il quotidiano statunitense, il governo dell’ex-repubblica sovietica imporrà un “certificato di sicurezza nazionale” a tutti con lo scopo presunto di “assicurare la protezione degli utenti kazaki” dai pericoli telematici.
Di fatto, il certificato di stato permetterebbe alle autorità di tenere sotto controllo il traffico in entrata e in uscita dalla Internet kazaka senza la necessità di imbastire complicate e costose operazioni spionistiche sul genere della “Grande Muraglia Digitale” cinese.
Human Rights Watch descrive il Kazakistan come una dittatura autoritaria dove non c’è rispetto per i diritti umani, un paese tenuto in scacco dal presidente Nursultan Nazarbayev sin dal lontano 1989 e attivamente impegnato a controllare – fra le altre cose – le comunicazioni di Internet.
Qualora l’obbligo di installazione per il certificato di stato fosse confermato, agli utenti kazaki resterebbe la possibilità di usare Tor per provare a superare il controllo governativo: non a caso il sito ufficiale della darknet a cipolla è al momento inaccessibile nel paese.
I certificati di sicurezza HTTPS sono un’arma a doppio taglio, come il caso del Kazakistan dimostra, ma c’è chi prova a “democratizzare” la tecnologia sperando che i suoi effetti positivi valgano per tutti: Let’s Encrypt, il servizio gratuito per l’emissione dei certificati TLS, è ora entrato nella fase di beta pubblica con tanto di sponsorizzazione da parte di Facebook .
Alfonso Maruccia