Scomodiamo nuovamente il buon Borat Sagdiyev per un aggiornamento sulla notizia riportata nelle scorse settimane e riguardante il Kazakistan. Il certificato di stato anti-HTTPS la cui installazione era stata imposta a tutti i cittadini non è più requisito necessario per poter accedere al mondo online attraverso le reti degli ISP locali.
Kazakistan: stop al certificato anti-HTTPS
A renderlo noto i membri dello State Security Committee, gli stessi che inizialmente avevano etichettato l’iniziativa come messa in campo al fine di tutelare la sicurezza della popolazione da attacchi hacker, frodi via Internet e altre tipologie di minacce legate ad attività cybercriminali. Ora le autorità parlano di una fase di test terminata, con tutta probabilità in conseguenza alle critiche ricevute da più parti, a livello internazionale.
La componente permetteva di fatto al governo del paese di monitorare ogni comunicazione generata dai dispositivi, togliendo di mezzo l’efficacia dei sistemi crittografici impiegati per nascondere la natura dei dati trasmessi tra client e server (e viceversa). In seguito all’esplosione del caso sono state intentate diverse cause legali nei confronti dei tre operatori attivi sul territorio, sostenendo l’illegalità della misura, seppur imposta dall’alto.
Ora i cittadini kazaki che hanno installato il certificato lo possono rimuovere senza temere di essere tagliati fuori dalla grande Rete. Sulla vicenda è intervenuto anche Kassym-Jomart Tokayev, seconda carica dello stato, sottolineando come “non ci sono motivi per preoccuparsi”.
È l’ennesimo capitolo di una storia controversa, quella del rapporto che lega l’ex repubblica sovietica al mondo online: nel 2007 l’OCSE ha puntato il dito contro il paese per le sue politiche che mettono freno all’innovazione, due anni più tardi si è parlato di una legge ad hoc per bandire siti e portali non ritenuti “non idonei” e nel 2012 è stata inoltrata ai più importanti social la richiesta di eliminare i contenuti condivisi dai sostenitori dell’opposizione di governo.