Al termine di un procedimento legale durato parecchi anni, oggi il Ministro della Giustizia neozelandese Paul Goldsmith ha annunciato attraverso i canali ufficiali il via libera all’estradizione negli Stati Uniti di Kim Dotcom. Queste le sue parole, riprese da Reuters.
Ho considerato attentamente tutte le informazioni e ho deciso che il signor Dotcom dovrebbe arrendersi agli Stati Uniti e affrontare il processo. Come da prassi comune, ho concesso al signor Dotcom un breve periodo di tempo per riflettere e per ricevere consigli in merito alla mia decisione. Pertanto, non rilascerò ulteriori commenti in questa fase.
Sì all’estradizione di Kim Dotcom
50 anni compiuti ad aprile, all’anagrafe Kim Schmitz, l’imprenditore e informatico tedesco-finlandese dovrà rispondere delle accuse relative a Megaupload. È la piattaforma da lui fondata nel 2005 (chiusa definitivamente nel 2012) e diventata a stretto giro uno dei servizi più utilizzati del mondo online per caricare e condividere file di ogni tipo.
È ritenuto responsabile di aver favorito la pirateria e provocato danni per oltre 500 milioni di dollari alle case discografiche e agli studi cinematografici. Nel gennaio 2012, le autorità neozelandesi hanno condotto un raid nella sua abitazione di Auckland, su ordine degli inquirenti statunitensi.
La reazione del fondatore di Megaupload
Come anticipato, al momento Dotcom si trova in Nuova Zelanda e, stando alla prima sua reazione su X, non sembra avere alcuna intenzione di lasciare il paese.
Amo la Nuova Zelanda. Non me ne andrò.
In un altro post ha definito il governo che lo ospita una obbediente colonia statunitense nel Pacifico meridionale
che ha deciso di piegarsi al volere americano e concedere l’estradizione. I presupposti per assistere a un nuovo acceso capitolo della battaglia legale che prosegue da ormai 15 anni ci sono tutti.
Personaggio molto discusso, Kim Dotcom è stato parecchio attivo sui social nel corso degli ultimi anni, talvolta appoggiando teorie del complotto, in altre occasioni consigliando all’ex proprietario Jack Dorsey di salvare l’archivio di Twitter in un bunker antiatomico dando per cerca la terza guerra mondiale o prendendo apertamente le parti di Julian Assange.