“Non sono il re della pirateria. Ho solo offerto banda e spazi digitali ai miei utenti, tutto qua”. Parola del founder di Megaupload Kim Dotcom, recentemente intervenuto nel corso di un’intervista esclusiva nella trasmissione Campbell Live dell’emittente televisiva 3news . A poco più di una settimana dal suo rilascio su cauzione per ordine di un giudice neozelandese.
“YouTube ha vinto la sua battaglia legale mentre io me ne sto seduto in galera – ha continuato Dotcom – mentre la mia casa è stata perquisita e tutti i miei beni congelati senza nemmeno un processo. Senza la possibilità di controbattere in aula. Tutto ciò è veramente pazzesco”.
Apparso in televisione, il boss del file hosting ha parlato a ruota libera. Tirando nuovamente in ballo il grande caso Viacom contro YouTube , quando il conglomerato di media statunitense aveva accusato la piattaforma di Google di violazione massiva del copyright. Perché il Tubo si è allora salvato, mentre Megaupload è stato chiuso dai federali?
La tesi dell’accusa è già nota: il cyberlocker con base ad Hong Kong avrebbe pagato gli uploader per il caricamento illecito di contenuti . Un dettaglio che farebbe perdere a Dotcom e soci la protezione del safe harbor previsto dal Digital Millennium Copyright Act (DMCA). Ma il founder non sembra intenzionato a cedere.
Secondo Dotcom , il mega-impero avrebbe stipulato accordi commerciali con quasi 200 operatori per la rimozione dei file illeciti. Più di 15 milioni di link sarebbero stati abbattuti con tecnologie realizzate ad hoc dalla piattaforma . A dimostrazione del fatto che la Motion Picture Association of America (MPAA) non ha mai avviato alcuna causa legale contro il sito.
L’associazione che negli Stati Uniti tutela l’industria cinematografica ha però sottolineato come Megaupload fosse già presente nella lista dei “nemici del diritto d’autore”, ovvero di quelle piattaforme votate alla condivisione illecita delle opere. Un’inclusione stabilita almeno 2 anni fa .
“Non sono Google – si è difeso ancora Dotcom – e non ho 50 miliardi di dollari sul mio conto in banca. Anzi, adesso non ho più neanche un centesimo. Tutti i miei avvocati stanno lavorando senza un centesimo, e sono ancora con me perché credono che tutto questo sia ingiusto. Non è giustizia questa”.
Mauro Vecchio