Rochester (USA) – La scarsità di luce è da sempre uno dei più temibili nemici del fotografo, e le fotocamere digitali non fanno eccezione: meno luce c’è, più alto è il rischio di scattare foto mosse (poco nitide) o degradate dal cosiddetto “rumore digitale”, versione moderna della grana delle pellicole. Problemi che Kodak ritiene di poter mitigare grazie ad un nuovo tipo di sensore per fotocamere digitali.
Il sensore progettato da Kodak è dalle due alle quattro volte più recettivo alla luce rispetto ad uno tradizionale : in termini tecnici, ciò significa guadagnare da uno a due stop . A chi non ha mai schiodato la ghiera della propria fotocamera dalla modalità Auto , basti sapere che un tale aumento di sensibilità permette di scattare foto con tempi più rapidi , scongiurando l’effetto mosso, e di utilizzare valori ISO più bassi , tenendo così sotto controllo la comparsa del rumore digitale. Senza poi contare la possibilità, nelle macchine che lo permettono, di utilizzare diaframmi più chiusi, così da massimizzare la profondità di campo.
Nelle fotocamere compatte, e in quelle reflex di fascia bassa, Kodak afferma che il suo nuovo sensore può rappresentare un’economica alternativa ai sistemi di stabilizzazione dell’immagine , che muovono il sensore o le lenti dell’obiettivo in modo tale da contrastare le vibrazioni. Nei videofonini potrebbe invece ovviare alla necessità di un flash integrato.
L’uso di questo nuovo sensore può inoltre controbilanciare l’incremento di rumore digitale causato dall’aumento, specie sui sensori di formato più piccolo (2,5 e 1,8 pollici), dei megapixel. Questi benefici possono estendersi anche alle fotocamere di fascia professionale o semiprofessionale, ma i pochi produttori presenti in questo settore sono generalmente assai restii ad adottare tecnologie poco collaudate.
Ciò che distingue il sensore di Kodak da quelli tradizionali è l’utilizzo di elementi fotosensibili (che rappresentano i singoli pixel dell’immagine) pancromatici , ossia in grado di registrare tutti i colori: questi elementi si affiancano ai tradizionali pixel rossi, blu e verdi presenti in tutti i sensori oggi sul mercato, e rispetto a questi sono in grado di recepire una porzione di luce significativamente maggiore . La tecnologia viene spiegata nel dettaglio qui da due ingegneri di Kodak.
L’uso di fotodiodi pancromatici rappresenta un importante cambiamento al Filtro di Bayer (alla base dello standard Color Filter Array), che è lo schema con cui gli elementi fotosensibili rosso-verde-blu (RGB) sono disposti sul sensore. Questo filtro, oggi utilizzato con poche varianti (una è la RGB-E) sulla stragrande maggioranza dei sensori, è stato ideato nel 1976 proprio da un ingegnere di Kodak, Bryce Bayer.
Le due alternative più note al Filtro di Bayer sono il sensore X3 di Foveon (usato nelle reflex digitali di Sigma ), dove ogni pixel è composto da tre elementi sensibili disposti su tre strati ed è in grado di catturare tutte e tre le componenti RGB, e dal sensore Super CCD SR di Fujifilm , composto da fotodiodi di dimensoni normali (tipo “S”) e di fotodiodi di dimensioni più piccole (tipo “R”) capaci di gestire maggiori dettagli nelle alte luci ed estendere la gamma dinamica. Le differenze tra i vari metodi sono ben spiegate in questo articolo italiano di Wikipedia .
Kodak sostiene che la sua nuova tecnologia può essere utilizzata sia con sensori CCD che CMOS, e necessita di pochissimi cambiamenti agli attuali processi di produzione. I primi prototipi dovrebbero arrivare nel primo trimestre del 2008 , dopodiché Kodak inizierà ad utilizzare la sua tecnica per costruire sensori da integrare nelle proprie fotocamere o da vendere agli altri produttori.
I sensori “supersensibili” con tecnologia CCD saranno prodotti dalla stessa Kodak, mentre la fabbricazione di quelli CMOS sarà commissionata a IBM e TSMC . L’azienda americana ha inoltre intenzione di offrire la propria tecnologia in licenza , così che questa possa essere utilizzata anche da quelle società, come ad esempio Canon e Sony , che producono i sensori delle loro fotocamere in proprie fabbriche.