La BBC sta mantenendo un elenco con tutti i suoi articoli deindicizzati dai motori di ricerca operanti in Europa in applicazione del cosiddetto diritto all’oblio .
Il diritto all’oblio, quella delicata applicazione del diritto alla privacy che riconosce il diritto a veder “dimenticati” alcuni episodi che secondo il diretto interessato dovrebbero rimanere sepolti nel passato, si pone in un pericoloso equilibrio tra diritto alla cronaca e quello alla privacy. Nei fattori dell’equazione che paragona diritto individuale alla privacy e interesse pubblico all’informazione, si dimentica tuttavia spesso di considerare il ruolo di chi quell’informazione la produce . La BBC ha così deciso di iniziare a divulgare mensilmente la lista dei suoi articoli i cui link sono stati rimossi dai risultati dei motori ricerca in nome del diritto all’oblio: una scelta di trasparenza – spiega il managing editor Neil McIntosh – soprattutto nei confronti degli utenti, a ricordare che tali pagine non sono sparite completamente, ma solo dall’elenco di risultati corrispondenti ad una specifica ricerca.
Già Wikimedia Foundation aveva assunto la medesima decisione, correlata da un rapporto sulla trasparenza con cui ha elencato le richieste di rimozione o alterazione di propri contenuti ricevute, le richieste di rimozione nel rispetto del diritto d’autore e quelle di accesso ai dati dei suoi utenti.
Si presume che BBC, proprio come Wikimedia Foundation, sia a conoscenza di queste rimozioni dai risultati di ricerca solo grazie all’iniziativa volontaria degli stessi search engine, in primis Google, che altrimenti non hanno alcun obbligo legale di avvertire i siti i cui URL sono stati deindicizzati.
L’obiettivo, secondo BBC, oltre al dovere di trasparenza rispetto agli utenti, è quello di contribuire alla modulazione della normativa, rendendo noto come la sua attuale applicazione influenzi l’informazione.
D’altra parte, accanto alle spinte alla trasparenza, c’è chi vorrebbe che il diritto all’oblio già in questa sua prima fase di applicazione fosse esteso oltre ai confini del Vecchio Continente: in particolare è la Francia ad essersi schierata su tale posizione con un ultimatum nei confronti di Mountain View. Proprio in questi giorni scale il termine entro il quale Google dovrebbe deindicizzare su scala globale: la Grande G vorrebbe ancora tempo. La questione, ed il conseguente dibattito, rimangono aperti.
Claudio Tamburrino