Nulla è meno predicibile del futuro e da questa banalità occorre partire. Se il passato è scritto e il presente è di fronte a noi, il futuro fatica a manifestarsi poiché vengono meno quei paradigmi che avrebbero potuto aiutare a tracciare trend e previsioni supportate da una qualche convinzione. Tutto ciò si fa ancor più complesso quando si parla di economia. Il New York Times ha lanciato ora quella che può sembrare una provocazione, ma che merita per questo una riflessione: siamo di fronte allo sgonfiarsi di una bolla che da troppo tempo resisteva alle pressioni esterne continuando a gonfiarsi di valore?
Di fronte al bivio, entusiasti e realisti tenderanno a dividersi, ognuno supportato dalle proprie valide argomentazioni. Ma sul piatto ci sono al momento poche convinzioni e un grande timore, aggiungendo quindi una componente irrazionale che non aiuta a districare la matassa.
I timori del New York Times
I timori del New York Times sono legati al fatto che la bolla potrebbe già aver iniziato rapidamente a sgonfiarsi, vedendo quotazioni in ribasso e minori scommesse su un mondo startup che necessita probabilmente di tornare con i piedi per terra. Una serie di grafici illustra questo fenomeno in modo molto chiaro, facendo notare come la pandemia non abbia scalfito la crescita antecedente e la guerra non sia stata la causa di quanto sta accadendo ora: il fenomeno sembra guidato da un movimento autonomo, che rischia semplicemente di essere accelerato da un contesto di incertezze che potrebbe portare tutti (compreso il mondo tech) verso un periodo di recessione.
In the ensuing years, warnings persisted: There is “blood in the water,” “winter is coming,” “this bubble will burst in due time.” But the money continued to flow.
In 2020, U.S. start-ups raised what was a record $164 billion. https://t.co/ZaeSNBeXzd pic.twitter.com/w3DkxwtFfY
— The New York Times (@nytimes) April 19, 2022
Eppure i decenni passati insegnano che di allarmi ricorrenti ne siano arrivati molti e ogni volta il dito era puntato proprio contro la Silicon Valley. I motivi sono chiari e ancora una volta perlopiù irrazionali: quanto accaduto a cavallo con il nuovo millennio, quando lo scoppio delle “dotcom” gettò pessima luce sui primi unicorni del Web, rappresenta uno stigma che il comparto si porta appresso e che ad ogni curva lascia pensare che si possa sbandare. Così, però, non è più stato: da allora, tra alti e bassi, cavalcando trend alternati quali la sharing economy prima e la crypto economy poi, l’ascesa è sempre continuata con una certa linearità. “La bolla sta per scoppiare” è stato urlato a più riprese mentre cadeva l’immobiliare e scricchiolava il bancario, ma le previsioni sono sempre state puntualmente gettate nel cestino.
Eppure, secondo il New York Times, questa volta le cose potrebbero andare in modo differente. Potrebbe accadere in virtù di un contesto che vede gli investimenti defluire al cospetto di maggiori incertezze, cancellando quell’ottimismo sul quale il venture capital è sostenuto e grazie al quale le vele delle startup hanno continuato ad avere vento a disposizione. Stavolta la recessione potrebbe essere reale e di fronte alla realtà non ci sarebbero appigli.
This decade-long start-up boom has surged in the face of so many scares, each time amassing even more money and power. Maybe it really is different this time, even as economists worry a recession may soon come.
See more here: https://t.co/ZaeSNBeXzd
— The New York Times (@nytimes) April 19, 2022
Del resto non è che se una cosa non succede da tempo ciò significa che non possa più accadere: ancora una volta sarebbe un ragionamento banale e irrazionale quanto quello dal quale abbiamo iniziato questa pagina. Secondo l’analisi di Erin Griffith e Taylor Johnston, a questo giro di giostra il rischio è che vengano meno alcuni fondamentali sui quali si è sorretta la crescita del mondo tech e la corsa sia destinata pertanto a interrompersi.
Uber has no cars
AirBnB has no houses
Twitter board owns no stockThis is the new economy.
— Genevieve Roch-Decter, CFA (@GRDecter) April 19, 2022
Con il senno del poi sarà tutto più semplice, ma non è questa materia di cui gli analisti possano nutrirsi. I numeri dicono che Coinbase ha perso oltre il 50% nel giro di sei mesi, Netflix il 44% (ma oggi la situazione si aggraverà ulteriormente), Deliveroo il 64%, Square il 50%, Twitter il 30% (ma andava ben peggio prima della scommessa di Musk). I grandi gruppi sono solidi, chi ha investito nel cloud vede fatturati in ulteriore ascesa, ma laddove la quota di rischio è maggiore il problema potrebbe essere dietro l’angolo.
Una bolla che si sgonfia senza esplodere fa ugualmente male, ma non fa rumore: forse questa opzione è preferibile, se non altro per evitare nuove irrazionalità come quelle post-dotcom. Del resto se recessione dovrà essere, coinvolgerà tutto e tutti: nessuno escluso, nemmeno dentro la bolla dorata dei sogni di innovazione.