La chiatta di Google attracca a San Francisco

La chiatta di Google attracca a San Francisco

Nel porto della città californiana ci sono lavori in corso per uno strano progetto costruito sull'acqua. Le indagini sembrano puntare verso Mountain View. Ma resta il mistero su cosa stia succedendo su quel molo
Nel porto della città californiana ci sono lavori in corso per uno strano progetto costruito sull'acqua. Le indagini sembrano puntare verso Mountain View. Ma resta il mistero su cosa stia succedendo su quel molo

Sono mesi che l’attività attorno a uno degli hangar del porto di San Francisco è febbrile: container, una grande chiatta, un hangar che si riempie e si svuota di materiali di costruzione . Da qualche giorno regna una strana calma , pare per un permesso mancante, ma i lavori paiono essere a buon punto: sul molo che si affaccia sulla baia sarebbe in costruzione un data-center acquatico di Google, addirittura con un gemello sull’altra costa degli USA. Ma se c’è di fatto la certezza quasi assoluta che ci sia BigG dietro il progetto, restano parecchi dubbi su cosa ci sia davvero in serbo lì ormeggiato.

Le indagini dei media locali e delle testate specializzate sembrano aver svelato il complesso gioco delle scatole cinesi costruito per mantenere il massimo riserbo sull’intero progetto : tramite una piccola società Mountain View avrebbe affittato lo spazio e fatti giungere i materiali necessari a costruire una grossa struttura composta di container a bordo di una chiatta ormeggiata. A qualcuno è tornato in mente un brevetto del 2009 della stessa Google che illustrava proprio una situazione di questo tipo: server installati in un container e raffreddati dall’acqua di mare, una fonte pressoché inesauribile di acqua fresca, che consentirebbe di allestire in tempi relativamente stretti e ovunque piccoli o medi data-center. Non sarebbe la prima volta che BigG prova a usare energie rinnovabili e risorse naturali per questo scopo, anzi gli investimenti di Mountain View in green tech in questi anni sono stati ingenti.

Ci sarebbe poi un altro data-center analogo in costruzione davanti alla costa del Maine, a Portland, in pratica dalla parte opposta degli USA: se due indizi fanno una prova, Google si starebbe organizzando per regalarsi un bel po’ di potenza di elaborazione in più per la propria nuvola grazie a questo nuovo modello di data-center modulare costruito sull’acqua . Le informazioni raccolte non lasciano dubbi sulla paternità analoga delle due iniziative, stessa società “di comodo” che ha noleggiato e acquistato spazio e materiali, anche se nel caso della California ci potrebbe essere un problema: esistono leggi locali che potrebbero impedire la costruzione del data-center sull’acqua, motivo per il quale da qualche giorno i lavori sono sospesi in attesa di un chiarimento, anche per via di una serie di lavori che interessano l’intera area dei moli e che non sono strettamente legati a Google (in quella zona è prevista anche la costruzione di un nuovo stadio per la pallacanestro).

Un’altra ipotesi suggestiva , che però non trova riscontro in dati oggettivi, è che Google stia assemblando una sorta di mega-store dedicato a Glass : il primo prodotto di wearable computing di Mountain View si appresta a debuttare ufficialmente sul mercato, e qualcuno immagina che quella chiatta con a bordo tanti container possa essere una sorta di esposizione permanente per convincere della bontà del prodotto i potenziali acquirenti. Il gioco non varrebbe la candela, probabilmente, visto che la struttura in questione è costata fino a questo punto milioni di dollari: ma non si tratta dell’unica iniziativa che fino a qualche anno fa sarebbe sembrata fantascientifica che Google ha trasformato in realtà.

Anche le Google-Car, le auto che si guidano da sole sono sempre più vicine a uscire dalla sperimentazione per diventare una realtà : gli ultimi dati diffusi da Google mostrerebbero come il software sviluppato sia arrivato a un livello impressionante di precisione, in grado addirittura di superare in sicurezza i guidatori umani esperti usati come riferimento. La capacità di tenere d’occhio l’asfalto e le altre auto si è affinata, e ora le Google Car frenano dolcemente per fermarsi ed evitare collisioni. Il tempo necessario a vedere le prime auto senza pilota sul mercato potrebbe essere diminuito drasticamente.

Luca Annunziata

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Pubblicato il
29 ott 2013
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