Washington – L’Esercito Popolare di Liberazione cinese sta alacremente istruendo i suoi militanti informatizzati affinché apprendano tecniche di cracking. Virus writer cinesi lavorano indefessi a minacciose stringhe di codice da impugnare contro i paesi che si trovano al di là della “grande muraglia digitale”.
Lo sostiene il report annuale presentato al Congresso dal Dipartimento della Difesa americano, un fascicolo che traccia una valutazione della potenza di fuoco dell’esercito cinese, spaziando da missili a sottomarini, per passare alle flotte, accennando alle armi che la Cina potrebbe imbracciare in caso di cyberwar .
I commentatori cinesi, afferma il rapporto, ripongono fiducia negli armamenti per combattere quella che viene definita ” Integrated Network Electronic Warfare “. La chiave della predominanza cinese potrebbe risiedere nella sua capacità di condividere infrastrutture, informazioni e competenze per costruire una forza di combattimento organica, in grado di indebolire la superiorità informativa del nemico penetrando nelle sue reti aziendali e governative, proteggendo nel contempo la circolazione dell’informazione interna . L’Esercito Popolare di Liberazione, secondo l’intelligence USA, sta quindi investendo in quelle che il report definisce ” computer network operation ” importando tecnologia dall’estero, studiando le falle dei sistemi del nemico e lavorando a codici insidiosi, che la Cina avrebbe iniziato a “sfruttare” già dal 2005 .
Ma è dal 2000, ricorda PCWorld , che il Dipartimento della Difesa americano avverte come la Cina avrebbe potuto infiltrarsi e attentare alle reti meno protette, rivolgendo i suoi attacchi nei confronti dei network di istituzioni e aziende americane. Un sospetto riemerso in numerose occasioni .
Nel mirino della Repubblica Popolare, però, non ci sarebbero gli Stati Uniti, con i quali intrattiene rapporti di cauta rivalità, ma soprattutto Taiwan, di cui Pechino insegue da sempre il “riassorbimento”. L’Esercito Popolare di Liberazione, in maniera più coordinata rispetto al passato , potrebbe voler sferrare attacchi informatici contro le infrastrutture politiche, militari ed economiche dell’isola, per minarne la credibilità.
Praticamente assenti, nel report, i dettagli riguardo alle tattiche che l’esercito della Repubblica Popolare potrebbe mettere in campo in caso di cyberwar. L’impenetrabile cortina di segretezza del governo cinese è l’arma che più impensierisce gli Stati Uniti, che possono soltanto azzardare stime riguardo a strategie ed investimenti (quasi cento miliardi di Euro, a parere degli USA, rispetto ai 45 miliardi dichiarati dal governo cinese). Stime alle quali la Cina, tradizionalmente, risponde lamentando esagerazioni ascrivibili alla retorica della “minaccia cinese”, volta a minare le relazioni internazionali.
Non è dato sapere quanto peso la Cina attribuisca al cosiddetto cyberwarfare o al Rapporto americano ma, osserva il rappresentante del Dipartimento della Difesa, la Repubblica Popolare avrebbe iniziato ad intuire le potenzialità del campo di battaglia delle reti informatiche, sul quale già operano numerose pedine dello scacchiere mondiale, States compresi , provocando , recentemente, anche l’intervento della NATO.
Un tipo di battaglia combattuta con il codice, commentano gli utenti di Slashdot , non troppo allarmati dal sensazionalismo che spesso intride queste notizie e che i media americani diffondono spesso con una malcelata vena di nazionalismo.
Gaia Bottà