Il gruppo di Shenzhen ha sempre negato che i propri interessi coincidano con quelli di Pechino, ma la notizia riportata oggi dal New York Times non può che sollevare nuovi e ulteriori dubbi in merito. La testata d’oltreoceano parla di cinque ex dipendenti Huawei arrestati a fine 2018 dalle autorità cinesi dopo aver affermato in una conversazione su WeChat di essere a conoscenza di fatti che attribuirebbero all’azienda la responsabilità delle violazioni per le sanzioni commerciali nei confronti dell’Iran.
Huawei e gli affari con l’Iran: arrestati ex dipendenti in Cina
La questione è la stessa che proprio in quel periodo (mesi prima del ban USA) ha fatto scattare in Canada le manette per Meng Wanzhou, Chief Financial Officer della società e figlia del fondatore Ren Zhengfei, con successiva richiesta di estradizione avanzata dagli Stati Uniti.
Le nuove informazioni emerse e pubblicate oggi dal NYT parlano di un monitoraggio delle chat degli ex dipendenti da parte di Huawei, definita una pratica comune. Sia l’azienda sia le autorità locali non hanno rilasciato alcun commento in merito. Huawei si è limitata a ribadire che per uno degli ex collaboratori il rapporto si è concluso dopo aver segnalato sue attività illegali alle autorità.
La testimonianza è stata fornita alla redazione americana da due dei diretti interessati, Li Hongyuan (42 anni) e Zeng Meng (39 anni). Una volta arrestati gli inquirenti hanno chiesto loro delucidazioni sugli affari condotti dal gruppo in Iran e sul possibile passaggio di informazioni a giornalisti esteri, entrambi temi trattati nella conversazione su WeChat. Il primo dei due ha trascorso otto mesi in carcere, il secondo tre mesi.