Si stavano affaccendando sulle tastiere per raccontare le schiere ordinate di truppe paramilitari che pattugliano Pechino e il clima preolimpico che si respira in Cina, quando Amnesty International ha comunicato la pubblicazione del report China: The Olympics countdown – broken promises , Cina: il conto alla rovescia per le Olimpiadi – promesse infrante. Gli inviati dei media occidentali si sono immediatamente avventati sul link fornito dall’organizzazione, ansiosi di poter condire i loro racconti con materiale succulento. Si sono scontrati contro la grande muraglia digitale: Amnesty International è inaccessibile dalla Cina.
La Commissione Olimpica aveva assicurato ripetutamente nelle scorse settimane che i giornalisti avrebbero avuto la possibilità di documentare senza filtri quanto fosse avvenuto nel periodo dei Giochi. La sala stampa è stata allestita con 971 macchine, è la più grande di tutta la storia delle Olimpiadi, dovrà accogliere decine di migliaia di giornalisti. Ma non sarà loro concesso di fruire appieno della rete .
Certo non si potrà pretendere di accedere ai siti del Falun Gong: le autorità cinesi non hanno ritenuto opportuno transigere alle proprie abitudini. “Per quanto riguarda i siti relativi al Falun Gong, penso che voi sappiate che si tratta di un culto fuorilegge – ha spiegato un portavoce del ministro degli esteri cinese – e resteremo fermi nella nostra posizione”. Ma i giornalisti dovranno fare a meno anche di consultare fonti internazionali come i siti cinesi di BBC e Deutsche Welle . Per quanto riguarda questo tipo di siti, per quanto riguarda lo spazio web di Amnesty International, le autorità cinesi si smarcano suggerendo che si tratti di problemi che affliggono i siti stessi .
La Commissione Olimpica si è tempestivamente mobilitata: “Tutte queste cose sono preoccupanti e indagheremo – ha assicurato Kevan Gosper, rappresentante del Commissione Olimpica Internazionale – ma il nostro obiettivo è che i media possano raccontare le Olimpiadi come è stato nelle precedenti edizioni”. Gospar non se ne era ancora reso conto: alcuni membri della Commissione Internazionale si sono accordati con le autorità di Pechino per non diradare eccessivamente la cortina che da tempo è calata sulla rete. Ma l’ammissione è giunta con tempestività: “Ho capito ora che alcuni dei membri della commissione hanno negoziato con i cinesi, che intendevano bloccare alcuni siti sensibili sulla base del fatto che non fossero considerati correlati ai Giochi”.
Non sono evidentemente correlate ai Giochi le esternazioni dei cyberattivisti trascinati in carcere nei giorni scorsi, non hanno nulla a che vedere con lo sport i blog in cui si postano cronache senza filtri. Pare che la connettività stessa sia qualcosa di superfluo per coloro che affolleranno Pechino per sguazzare nello spirito olimpico: un mese di abbonamento ADSL presso il Villaggio Olimpico costa oltre mille dollari.
“I vostri racconti dei Giochi non saranno influenzati – ha tranquillizzato i giornalisti Sun Weide, responsabile per la stampa del comitato organizzatore locale – Abbiamo promesso che i giornalisti siano in grado di usare Internet per il loro lavoro durante i Giochi Olimpici, così abbiamo fornito loro quanto basta per farlo”. In molti fanno eco al report di Amnesty International: “promesse infrante”.
Gaia Bottà
( fonte immagine )