Pechino (Cina) – Il regime della Repubblica Popolare sembra intenzionato a porre fine a quello che da tempo è stato denunciato come uno scandalo non solo negli Stati Uniti, dove la cosa è emersa inizialmente, ma persino all’interno della Cina stessa. Lo scandalo dei rifiuti hi-tech occidentali e delle incredibili modalità di smaltimento sul territorio cinese.
A quanto pare il Governo intende impedire formalmente l’importazione di computer provenienti dai ricchi paesi occidentali e destinati ad essere distrutti, quantomeno di quella parte di computer che oggi entrano nel paese in modo illegale e senza i dovuti controlli.
Una nuova inchiesta del Guardian britannico afferma che sono 100mila le persone che in Cina si occupano di smaltimento e molti di loro sono bambini che spesso lavorano in condizioni disumane e in zone che stanno trasformandosi nelle aree più tossiche e inquinate del paese. Impianti di smaltimento semi-abusivi o non controllati contaminano porzioni enormi di territorio al punto da rendere impossibile qualsiasi attività agricola.
La Cina, assieme al Pakistan e all’India, riceve ogni anno una quantità di rifiuti informatici potenzialmente molto dannosi per l’ambiente che a quanto pare ammonta all’80 per cento di tutti i rifiuti hi-tech esportati dagli USA.
Non è chiaro quale potrà essere l’impatto di un eventuale “embargo” cinese, quel che appare poco credibile è però che fino a questo momento possano aver prosperato senza una connivenza del regime le aree di riciclaggio e i danni che hanno procurato. Va da sé che il rischio è che si tratti di una presa di posizione ufficiale che abbia l’esclusivo significato di una “operazione immagine” e che i rifiuti occidentali continuino a distruggere vite e territorio in Cina.