Se nel 2004 Steve Ballmer parlava di “scelta politica” o ideologica in merito alle istituzioni governative che decidono di adottare Linux al posto di Windows, almeno nel caso della Corea del Nord la suddetta scelta politica è conclamata: Pyongyang ha sviluppato un sistema operativo tagliato su misura per le sue esigenze autarchiche e, neanche a dirlo, ha alla sua base il kernel del Pinguino.
Chiamato “Red Star”, il Linux nordcoreano è stato individuato e acquistato (al modico prezzo di 5 dollari) da uno studente russo presente nella capitale del paese, tale Mikhail, che ne ha poi messo online una recensione passando per la connessione a Internet dell’ambasciata russa. L’OS è fornito di una dotazione standard di software applicativi, offre il supporto esclusivo alla lingua locale e alle bizzarre consuetudini imposte dal regime di Kim Jong-il.
Red Star è caratterizzato da un’interfaccia che somiglia molto da vicino a quella di Windows, offre ai suoi utenti un browser chiamato letteralmente “il mio paese” e basato sul codice di Mozilla Firefox , un’applicazione di posta elettronica basata su Thunderbird, giochi vari, una sola lingua (il coreano) e il calendario dell’ ideologia ufficiale coreana .
L’incarnazione locale del Pinguino dovrebbe, almeno in teoria, rappresentare la liberazione delle esigenze informatiche del popolo della Corea del Nord dall’influenza occidentale. In sostanza tali esigenze non esistono perché nessuno, in una Corea che versa in una crisi economica e uno stato di povertà perenni, può permettersi la spesa necessaria ad acquistare e mantenere un PC.
Internet? In Corea è un mito reso irraggiungibile dai filtri di stato e dalle infrastrutture inesistenti, e a parte la simil-BBS nazionale uno dei pochissimi ad avere accesso alla rete delle reti nella sua totalità è Kim Jong-il.
Alfonso Maruccia