La Corea del Nord, è cosa nota, è un paese molto chiuso e isolato; si tratta di una dittatura e perciò, come tutte le dittature, non prevede piena libertà di espressione per i suoi cittadini. Questo implica anche notevoli limitazioni per Internet, sia dal punto di vista della possibilità di accesso alla rete, che da quello dei contenuti che circolano online. Muoversi nel web nordcoreano non dev’ssere affatto semplice, né particolarmente interessante. Quanti siti potranno mai essere online nel paese? Fino ai giorni scorsi la cifra si immaginava bassa, ma non era nota, ora invece è possibile saperlo con certezza: 28. In Corea del Nord esistono solo 28 siti “pubblici”.
Qualche giorno fa, infatti, una svista ha permesso a un ingegnere esperto di sicurezza – tale Matt Bryant – di scoprire, quasi per caso, com’è fatta la rete internet della Corea del Nord o meglio di conoscere quanti e quali sono i siti a dominio .kp . Qualcuno in Corea del Nord ha configurato male il nameserver che si occupa dei DNS del dominio di primo livello nazionale e questo ha permesso a Bryant di scaricare la lista di tutti i domini esistenti nello stato, un semplice file contenuto appunto in quella macchina. Si tenga presente che in molti stati questo tipo di lista di nomi viene tenuta sotto chiave, cioè si tratta di un file ben protetto, non ci si può accedere facilmente dall’esterno. Per cui si è trattato quasi certamente di un errore umano.
La lista recuperata caricata da Bryant è stata caricata su GitHub e poi pubblicata online dal magazine Motherboard . Come ha fatto notare Martyn Williams – una firma del Nord Korea Tech – questa lista non rappresenta la rete nordcoreana nella sua interezza, in quanto non include quei domini presenti solo nell’intranet interna al paese, che è accessibile solo a pochissimi cittadini e certamente non al resto del mondo.
Per la Corea del Nord questa lista di domini è molto corta, dal momento che contiene appena 28 voci, 28 siti peraltro molto semplici – e non solo dal punto di vista del design. Anche i contenuti, com’era immaginabile, sono alquanto anomali: in gran parte dei casi si tratta di informazioni banali, filtrate dal regime o vere e proprie comunicazioni propagandistiche.
A seguito della scoperta di Bryant molti dei siti risultavano non raggiungibili e questo non perché il regime nordcoreano sia corso ai ripari, oscurando le pagine, ma più probabilmente perché l’eccessivo traffico, generato dai curiosi di tutto il resto del mondo che hanno provato a dare una occhiata, ha finito per sovraccaricare i server, di certo non attrezzati per gestire tale mole di richieste.
Alcuni utenti del sito Hacker News sono riusciti comunque a raggiungere alcuni siti nordcoreani, come friend.com.kp , che sembra un clone di Facebook, o portal.net.kp , che appare come un clone di Yahoo. Tra gli altri domini scovati si possono annoverare un sito dedicato ai viaggi, un sito di ricette, il sito dell’ente amministrativo marittimo, il sito della compagnia aerea di bandiera (Air Koryo) e quello di un’associazione che raccoglie fondi per gli anziani. Gizmodo ha pubblicato alcuni screenshot raccolti su queste bizzarre pagine .
Nicola Bruno