La crisi dei semiconduttori non è destinata a terminare in tempi brevi. Sebbene la speranza è che la situazione potesse regolarizzarsi entro l’inizio del 2022, per arrivare con produzioni a regime entro la primavera, è ora l’estate il giusto orizzonte da porsi. Quel che Logitech ha lasciato intendere con le dichiarazioni di questi giorni è ora confermato nei fatti dal Dipartimento del Commercio USA, la cui analisi è corroborata dai dati raccolti da oltre 150 aziende attive nel mondo della tecnologia.
Semiconduttori: cosa sta succedendo
I fattori che portano a questo problema sono vari. Anzitutto v’è un aumento della domanda che è pari al 17% rispetto all’epoca pre-Covid; inoltre la produzione procede a rilento a causa della mancanza di nuovi stabilimenti da portare a regime: quelli esistenti sono già a ritmi elevati e al momento mancano nuovi margini di crescita e capitali utili per l’investimento; il collo di bottiglia sarebbe infine concentrato infine su specifici settori (automotive, apparecchiature medicali, sensori, strumenti per le radiofrequenze), pesando quindi fortemente su specifiche filiere. Laddove i magazzini avevano riserve per 40 giorni nel 2019, oggi le riserve sono sufficienti appena per 5 giorni di produzione: basterebbe un nonnulla per fermare nuovamente le catene di montaggio.
Gli investimenti europei e statunitensi finalizzati allo sviluppo di nuovi insediamenti produttivi agiscono dunque sul problema principale: in attesa che pandemia e geopolitica rallentino le loro pressioni, serve poter avere produzioni di chip all’altezza per evitare che la primo intoppo ci si trovi le aziende ferme e impossibilitate a portare sul mercato quanto richiesto.
Le previsioni indicano turbolenze ancora per 6 mesi circa: alla fine dell’estate si dovrebbe tornare ad una situazione di maggior tranquillità, per dipanare completamente il problema soltanto a cavallo tra il 2022 ed il 2023. Troppe incertezze gravano però ancora sulla situazione: la crisi energetica e le insidie di Omicron sono variabili difficili da gestire, ma i mercati si stanno adeguando rapidamente e, passato lo shock del triennio 2020-2023 c’è l’auspicio di poter tornare ai ritmi produttivi antecedenti.