La crisi della Telefonia Italiana, il viaggio continua

La crisi della Telefonia Italiana, il viaggio continua

Morse - Dopo l'intervento del Commissario Reding Capitano Nemo torna sulle tariffe di terminazione, quelle su cui gli italiani dovrebbero avere gli occhi puntati. AGCOM? Chi ha detto AGCOM?
Morse - Dopo l'intervento del Commissario Reding Capitano Nemo torna sulle tariffe di terminazione, quelle su cui gli italiani dovrebbero avere gli occhi puntati. AGCOM? Chi ha detto AGCOM?

Roma – AGCOM, l’autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ha recentemente proposto la tanto attesa revisione dei prezzi per la terminazione delle telefonate verso rete mobile (ho spiegato cosa siano, nel precedente articolo La crisi della telefonia italiana ), ed ha indetto una consultazione pubblica a riguardo. Queste tariffe, come già spiegato, hanno un impatto diretto sulle tasche dei cittadini in quanto contribuiscono quasi interamente alla formazione delle tariffe al pubblico delle telefonate da rete fissa a rete mobile e, se più elevate dei relativi costi, possono creare degli enormi vantaggi in capo agli operatori dominanti.
Ora, se pochi giorni fa l’associazione di consumatori Altroconsumo ha segnalato che i prezzi proposti non sono ancora orientati ai costi, non rispettando così i dettami della regolamentazione comunitaria e nazionale, a questa voce si è aggiunta l’associazione di operatori alternativi AIIP, che in un comunicato denuncia che “il mancato orientamento ai costi comporterebbe comunque un sovraccosto per i cittadini italiani pari a 3.5 Miliardi di Euro nel prossimo quadriennio. Sovraccosto che si riverserebbe interamente nei bilanci di TIM e Vodafone”.

Avendo visto alcune slide so che pochi giorni fa, in un’audizione congiunta tenutasi insieme a BT Italia, Fastweb, Tiscali ed AIIP, gli intervenuti hanno presentato ad AGCOM delle analisi sui costi reali in linea con diverse analisi tra loro concordanti, fra cui quella dell’autorità francese ARCEP omologa della nostra AGCOM, secondo cui a fronte di una tariffa proposta da AGCOM per TIM e Vodafone di 8,85 centesimi di Euro al minuto, il costo reale sostenuto dagli operatori non possa essere superiore oggi ai 3,7 centesimi.

Questa stima è avvalorata dal procedimento antitrust riguardante alcuni operatori mobili italiani, di cui ho già scritto nell’articolo precedente, dai cui documenti emerge la conferma che già in passato i prezzi di terminazione mobile non erano realmente orientati ai costi, documenti che l’Autorità conosce ma che non sembrano emergere quando va a fissare le tariffe.

Infine, ad ulteriore dimostrazione della distanza tra tariffe e costi reali, già da svariati mesi Vodafone è in grado di applicare tariffe notevolmente inferiori a quella proposta da AGCOM nel caso dell’offerta Home Zone, dove le chiamate terminano ad un valore di 1,5 centesimi al minuto pur venendo consegnate su di un telefonino. Se la tariffa di 8,85 centesimi fissata da AGCOM avesse anche solo una parvenza di vicinanza alla realtà, Vodafone starebbe perdendo 7,35 centesimi per ogni minuto di telefonata che arriva ad un suo cliente in “home zone”. Ma siccome leggiamo i bilanci, sappiamo che gli operatori mobili non fanno beneficenza e men che meno ne fa Vodafone Italia, che del gruppo internazionale a cui fa capo è di gran lunga la divisione più profittevole. Ragion per cui, è molto più vicino al vero affermare che, per ogni telefonata che arriva ad un utente Vodafone, con le tariffe appena proposte l’operatore consegue per l’anno in corso un guadagno ingiustificato di 7,35 centesimi per minuto. Moltiplicando questo differenziale, che si riduce lievemente negli anni a venire secondo la proposta dell’autorità, per il numero di minuti di telefonate entranti verso TIM e Vodafone, si ottengono i 3,5 Miliardi di Euro che gli operatori denunciano. I conti tornano.

Ora, appurato che si tratti di un guadagno non dovuto, visto che parliamo di soldi che gli operatori prendono al di là di quanto addebitano direttamente ai propri utenti per le chiamate od i messaggi inviati, è altresì chiaro che prolungare ancora questo “regalo” regolamentare agli operatori mobili non trova giustificazione nelle più volte ventilate (anche da certa stampa e da “esperti” del settore) e pretestuose necessità di investimento in capo ai beneficiari: Vodafone Italia solo pochi mesi fa ha distribuito 2 miliardi di Euro di dividendo straordinario verso i propri azionisti esteri appena dopo l’acquisizione di Tele2, e Vodafone Group ha annunciato solo pochi giorni fa un piano di buy back di azioni proprie per 2 miliardi di dollari: chiari segnali di un’immensa liquidità che l’operatore non ha idea di come investire. Altro che investimenti, qui i soldi dei cittadini vanno direttamente all’estero per non fare più ritorno.

Quanto scrivo è gravemente evidenziato dalla recente intervista che il Commissario UE Viviane Reding ha rilasciato ad Altroconsumo , in cui ho provato enorme meraviglia nel leggere un passaggio specifico: “Sono molto delusa per l’approccio mantenuto finora dall’Autorità di regolazione italiana AGCOM sulle tariffe di terminazione. L’AGCOM presiedeva lo European Regulators Group (l’organo che raggruppa le 27 Autorità nazionali di regolazione nel settore delle telecomunicazioni) durante il 2007 ed era quindi bene informata di che cosa la Commissione intendesse fare. Ora stanno tentando di giocare d’anticipo mettendo in campo una riduzione meno ambiziosa rispetto alle indicazioni della Commissione, per proteggere gli interessi dei loro operatori mobili. Questo a detrimento della concorrenza in Europa, ma in primo luogo contro gli interessi dei consumatori italiani”.

In pratica la Reding sta dicendo: l’Autorità italiana sa – per aver presieduto un organo Europeo – che la Commissione UE stava per inviare una nuova raccomandazione dove si richiedeva un taglio drastico delle tariffe di terminazione, e si è sbrigata a lanciare una propria consultazione che abbia effetto prima della nuova raccomandazione, così da garantire dei sovrapprofitti agli operatori italiani per i molti mesi – se non gli anni – che saranno necessari prima di fare una revisione delle tariffe.

Quella che si legge sembra proprio una palese e non velata accusa di furberia. E naturalmente la solita stampa che difende la “necessità di investimento” degli operatori mobili, si gira dall’altra parte quando c’è da dare eco ad un’accusa gravissima mossa dalla massima autorità europea nelle telecomunicazioni.

Quanto affermato dal Commissario UE Reding dovrebbe mettere in enorme imbarazzo l’intero quadro delle istituzioni di regolamentazione italiane ma anche il Governo, che si trova con un settore industriale di primo rilievo che ha perduto molta della sua credibilità a causa delle inefficienze delle strutture che avrebbero dovuto garantirne il corretto sviluppo.

Rileggo il comunicato di AIIP nel punto in cui segnala che “sono già molte le “asimmetrie” regolamentari tra i mercati delle telecomunicazioni fisse e mobili, con grande vantaggio per tutti gli operatori mobili nei confronti dei fissi (…) che, sempre più facilmente, potranno concentrare in un duopolio un mercato a cui stanno attingendo a piene mani da fin troppo tempo”, e aggiunge di aver fatto presente tutto questo nell’audizione che si è tenuta in Autorità. Ora, il problema è che al di là di qualsiasi rilevazione, lo scenario che si va delineando è quello di tariffe di terminazione che si vogliono ben lontane dai costi reali e questo apparentemente a prescindere da qualsiasi evidenza.

Tutto questo mette ulteriormente in evidenza l’inadeguatezza delle strutture di controllo, a partire proprio da AGCOM, di cui è necessario rivedere il funzionamento, facendo sì che sia direttamente finanziata dallo Stato e solo dallo Stato, che la sua terzietà sia garantita da una dotazione economica sufficiente, e così la sua azione oggi non efficace. Ma è anche necessario che sia finalmente messa in grado di imporre sanzioni tali da intimorire chi viola le regole, un aspetto che oggi non è nemmeno lontanamente ipotizzabile. Non solo: è importante che chi la guida oggi sia effettivamente competente nelle materie da regolare e che chi vi lavora venga messo nella più totale proibizione di andare a lavorare in uno degli operatori controllati.

In UK, dove l’omologa Ofcom funziona davvero, l’autorità è innanzitutto “autorevole”, è dotata di un budget, poteri ed un numero di risorse ben più rilevante che da noi, ed i dipendenti dei maggiori operatori telefonici sono collaborativi anche perché sperano prima o poi di riuscire ad andare a lavorare nell’autorità dove si guadagna meglio.

AGCOM non funziona per colpa delle regole stesse su cui si fonda, e per rafforzarsi sta muovendosi su binari che la portano ad uscire dall’attività di “garante” per occuparsi di tracciare delle line di politica industriale, prerogativa che invece è propria del Governo.

Non è un segreto che questo Governo abbia in cantiere una riforma delle Authority: è troppo, chiedere e sperare che si cominci da AGCOM?

Capitano Nemo
Morse.it

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Pubblicato il
1 ago 2008
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