Stagione complicata per il web russo, dopo che le opposizioni e i media indipendenti hanno accusato il Cremlino di portare avanti una politica di aggressione informatica ai loro danni. Niente prove, almeno per il momento, ma le vittime denunciano il rischio che sparisca l’ultimo mezzo di informazione libero a disposizione dei cittadini ex-sovietici.
Molti esperti concordano, il cyberspazio russo è scosso da qualcosa di molto simile a quanto accaduto a maggio in Estonia: attacchi massicci, condotti con botnet molto vaste, in grado di paralizzare server con attacchi DDoS. Arginare questo tipo di attacchi è molto difficile, poiché distinguere tra le richieste lecite e quelle illecite inviate ai server-target può rivelarsi complicato.
Al momento, in Russia gran parte dell’informazione è in mano al governo: le più grandi TV, radio, editori e servizi via cavo sono tutti controllati direttamente o indirettamente dal Cremlino. Ai restanti indipendenti viene “consigliata” una sorta di autocensura preventiva, ma il web sino ad oggi è sempre rimasto una città aperta dove le idee possono circolare liberamente.
A quanto pare le cose stanno iniziando a cambiare, come quando ad inizio maggio i principali quotidiani hanno visto il proprio sito web venire attaccato: Pavel Chernikov, redattore del Kommersant , collega l’avvenimento alla pubblicazione delle dichiarazioni del dissidente Boris Berezovsky , in esilio volontario a Londra.
Mosca, d’altra parte, non è nuova ad accuse di questo tenore: già nel 2000 la CIA indicava in Cina e Russia i due principali attori di una futura possibile guerra digitale con fini commerciali , mentre nel 2001 un gruppo di cracker russi fu accusato di aver forzato i server della Difesa statunitense.
Ad essere divenuti oggetto di spam invalidante e attacchi DDoS sono oggi partiti e partitelli che costituiscono l’ opposizione all’attuale governo : dai liberaldemocratici agli ultranazionalisti, tutti lamentano gravi difficoltà nel riuscire a comunicare con i propri elettori, soprattutto in vista delle elezioni parlamentari di dicembre e quelle presidenziali del prossimo marzo. Eppure, nemmeno un mese fa, la struttura di controllo russa sembrava aver cominciato a scricchiolare .
Nel frattempo l’Unione Europea scopre anch’essa i rischi della rete e lancia l’allarme: “L’Estonia è stata un campanello d’allarme” ha detto Viviane Reding, membro della commissione sulla informazione: “Dobbiamo svegliare i nostri governi … Se non comprendono l’urgenza della questione adesso, poi potrebbe essere troppo tardi”.
Luca Annunziata