La direttiva IPRED2 è stata approvata

La direttiva IPRED2 è stata approvata

Se non ci saranno modifiche in Commissione il testo approvato sarà quello definitivo. Alcune smussature dell'ultimo minuto non cancellano l'impatto che è destinata ad avere in tutta Europa
Se non ci saranno modifiche in Commissione il testo approvato sarà quello definitivo. Alcune smussature dell'ultimo minuto non cancellano l'impatto che è destinata ad avere in tutta Europa

UPDATE 25 APRILE – Strasburgo – Come temevano in molti e nonostante una mobilitazione che soprattutto nell’ultimo mese ha preso corpo la proposta di direttiva IPRED2 ora proposta non è più: nelle scorse ore il Parlamento Europeo l’ha votata (374 a favore, 278 contro), approvando alcuni emendamenti e di fatto dando via libera ad una normativa che tanti hanno definito frettolosa e che è destinata ad avere un forte impatto per l’intera Unione Europea. IPRED2, come noto, è una direttiva che prende di mira la contraffazione e la pirateria, tentando di armonizzare gli ordinamenti dei diversi paesi.

Su uno dei fronti più caldi di IPRED2, quello delle squadre investigative comuni di forze dell’ordine e detentori dei diritti, gli emendamenti approvati correggono di qualche grado il tiro. Se prima i detentori dei diritti potevano “contribuire” ora possono “cooperare”, nell’ambito di un quadro che gli stati membri, nel recepire la direttiva, dovranno assicurarsi che “non comprometta i diritti dell’accusato, ad esempio pregiudicando l’accuratezza, l’integrità e l’imparzialità delle prove”.

La direttiva poi mantiene una certa ambiguità nel testo, già denunciata anche dai provider italiani, che attribuisce agli ISP una generale responsabilità per le eventuali violazioni commesse sulle proprie reti dai propri utenti. Sebbene la direttiva escluda di colpire l’uso privato senza scopo di lucro di opere protette, di fatto per gli italiani cambia poco: la condivisione via peer-to-peer rimane un reato.

Tra i nuovi privilegi dei detentori dei diritti anche quello di essere informati dalle pubbliche autorità (articolo 7 bis): “Gli Stati membri provvedono a che, nel caso in cui sequestrino articoli in violazione dei diritti di proprietà intellettuale o ottengano altre prove di violazioni, le autorità di polizia (..) informino il titolare dei diritti interessato (…) del sequestro o delle prove in questione. Gli Stati membri hanno la facoltà di decidere che le prove siano messe a disposizione del titolare dei diritti con riserva di determinati requisiti in materia di accesso ragionevole, sicurezza o d’altro tipo, onde garantire l’integrità delle prove stesse ed evitare di compromettere l’eventuale azione penale che ne può scaturire”.

Ci sono anche le “buone notizie”. Il nuovo art. 1 comma ter stabilisce, ad esempio, che non si possa considerare reato l’ uso equo di un’opera protetta “a fini di critica, recensione, informazione, insegnamento (compresa la produzione di copie multiple per l’uso in classe)”.

Viene anche cassato il ricorso abusivo a minacce di sanzioni penali , una pratica che in altri paesi, come negli USA, ha spesso consentito al detentore dei diritti d’autore di intimidire i privati cittadini.
“La capacità che un titolare di diritti ha di dissuadere i potenziali trasgressori (ad esempio, i concorrenti) – spiega il testo della motivazione di questa misura – aumenta notevolmente se questi trasgressori sanno di non poter eludere la sanzione penale”.

Altro elemento di interesse è il fatto che la direttiva, come già noto, conferma l’esclusione della questione brevetti dai suoi scopi e contenuti.

Non mancano le dichiarazioni di principio con funzione di rassicurazione , come quella inserita nell’articolo 7, secondo cui i diritti sulla privacy, cioè sul trattamento dei dati personali, “devono essere pienamente rispettati durante le indagini e le procedure giudiziarie”. Oppure quella del terzo comma dell’articolo 6, che ora statuisce: Gli Stati membri assicurano che i diritti dell’imputato siano debitamente protetti e garantiti” . Evidentemente c’era bisogno di dirlo.

Il primo commento sulla direttiva è arrivato da Enzo Mazza, presidente FIMI, che spiega: “Per l’industria musicale il voto di oggi conferma che il testo della direttiva, applicando una definizione restrittiva di scala commerciale, rischia di essere in contrasto con quanto previsto dal WTO e dall’art.61 dei trips. Il testo dovrà essere emendato in maniera significativa nel corso dei prossimi mesi per rispettare i trattati internazionali. In merito ad altri aspetti della norma è apprezzabile che siano stati respinti tutti gli emendamenti atti a svuotare la direttiva delle necessarie misure operative di contrasto. Bene anche il mantenimento della norma relativa al favoreggiamento delle attività illecite che costringerà gli Isp a fare finalmente la loro parte nella lotta alla contraffazione.

Nessuna depenalizzazione poi è stata stabilita per comportamenti quali download o upload come qualcuno si è affrettato ad affermare con riferimento alle violazioni sulla rete. La direttiva riguarda violazioni gravi che dovranno essere punite con sanzioni almeno fino a 4 anni e pertanto non riguarda reati con sanzioni minori già previste da molti codici nazionali”.

Per approfondire, di interesse è il “decalogo” messo a punto da Giuseppe Corasaniti, magistrato ed esperto di cose della rete, che descrive i punti critici della direttiva. Sebbene si tratti di un testo pubblicato prima dell’approvazione da parte del Parlamento, il suo impianto non è stato modificato dagli emendamenti.

Di seguito l’intervista al senatore Fiorello Cortiana pubblicata da Punto Informatico lo scorso marzo e il testo del suo appello al Parlamento Europeo Roma – Blindatura dei contenuti e dell’hardware, maggiore potere alle major dell’intrattenimento, tracking dei cittadini: l’avanzare della proposta di direttiva europea IPRED2 preoccupa per ora solo gli esperti ed è questo il problema più grande . Avanza nel silenzio quasi assoluto una normativa che verrà votata al Parlamento Europeo il 24 aprile e che può sconvolgere l’attuale scenario del diritto d’autore rinsaldando lo status quo sostenuto dalle major dell’intrattenimento a scapito dei diritti dei cittadini.

Contro tutto questo è appena partita una mobilitazione guidata in Italia dal senatore Fiorello Cortiana , membro del Comitato consultivo sulla Governance di Internet del Ministero dell’Innovazione. La strada è tutta in salita: il countdown per il voto del Parlamento Europeo sulla direttiva segna, oggi, – 28 giorni. Un tempo ristrettissimo.

“Il problema – spiega Cortiana a Punto Informatico – è che la sensibilità del parlamento italiano su questi temi è scarsa. Quando riuscimmo a far bocciare la direttiva sulla brevettabilità del software avevo ottenuto quasi un mandato in bianco per operare in sede europea, ora c’è una maggiore consapevolezza, ma non possiamo farci conto”. Poiché i giochi sono a Strasburgo, sede del Parlamento Europeo che dovrà decidere sulla direttiva, Cortiana sta diffondendo un appello agli europarlamentari (riportato di seguito) che per essere efficace dovrà contare su un appoggio il più ampio possibile anche qui in Italia.

“In Europa l’attenzione è maggiore – spiega Cortiana a PI – c’è già anche un altro appello sull’argomento. Il problema lo abbiamo visto proprio con la direttiva sui brevetti: ci vuole tempo per informare e ci vuole una grande mobilitazione. Su IPRED2 siamo ampiamente indietro, c’è un mese di tempo, spero nella vitalità della rete”.

Sulla stampa italiana, dopo il voto della Commissione Juri qualcuno ha maldestramente dichiarato che l’Europa rende legale il P2P, ma c’è da chiedersi cosa accadrebbe alla legislazione italiana sul diritto d’autore qualora la direttiva europea venisse approvata e dovesse quindi essere recepita dal nostro paese. “Noi – sottolinea il senatore a PI – abbiamo la Legge Urbani, per cui IPRED2 ci sembra quasi una liberalizzazione. Nonostante gli sforzi fatti, il testo è in realtà pieno di chiari e scuri, e ampiamente contraddittorio tra un articolo e l’altro. Il che vuol dire che in sede di recepimento possiamo pensare che prevarrà il suo lato più oscuro”.

IPRED2 è figlia delle pressioni delle lobby delle major , che secondo Cortiana “non sono mai state così attive come di questi tempi”. E l’esempio è quello della sentenza con cui il Tribunale di Roma ha imposto a Telecom Italia la consegna dei nomi di quasi 4mila utenti P2P italiani, “andando contro a tutte le decisioni precedenti”, sottolinea Cortiana, che ha già presentato un esposto contro quella decisione. “Con evidenza – spiega – c’è il dispiegarsi di una campagna di pressione che viaggia su vari piani, qui in Italia con cose così, in Europa con cose come la direttiva, tutti strumenti usati da chi ha rendite di posizione che non intende intaccare aprendo a nuovi modelli di business”.

Ma la direttiva prevede anche un ruolo del tutto nuovo per i detentori dei diritti , che potranno affiancare le forze dell’ordine nelle indagini sulle violazioni del diritto d’autore. “È un aspetto – evidenzia l’ e-senator – che considero la violazione più grande agli assunti europei: uno non può concorrere da privato alle inchieste delle forze dell’ordine, cioè ad inchieste giudiziarie. Che garanzie abbiamo dei dati che raccoglie, dei nominativi, dei dati delicati e che in Europa sono sulla carta protetti dalle garanzie per la privacy”. Garanzie che furono stabilite, come noto, dal coordinamento delle autorità nazionali sulla privacy presieduto da Stefano Rodotà. “Capisco le forze dell’ordine – insiste Cortiana – ma che un privato che ipotizza di essere danneggiato possa concorrere a queste inchieste e disporre di dati delicati e riservati è un problema”.

Il rischio che è stato sventato all’ultimo momento nel caso dei brevetti sul software in questa circostanza è ancora più concreto: l’Europa rischia di accorgersene tardi , a giochi conclusi.

Ma IPRED2 non è che il prodotto più recente di un approccio complessivo dell’Europa, apparentemente vittima delle grandi corporation dell’intrattenimento, che oggi come non mai spingono sulla blindatura dei dispositivi di riproduzione , dalla televisione mobile fino agli impianti hi-fi e a tutti quei dispositivi che garantiscono il flusso dell’informazione digitale. E i rischi sono enormi. “Il primo rischio che corriamo – sottolinea Cortiana a Punto Informatico – è di precluderci il futuro . Perché se ci blindiamo, anche con standard condivisi da centinaia di imprese nel mondo, come quelli della Tv mobile, di fatto azzoppiamo un mondo possibile: qui siamo nel digitale interconnesso, abbiamo bisogno di mercati aperti, inclusivi, di standard aperti garantiti da sistemi aperti. I nuovi modelli di business vanno trovati a partire da questa condizione”. “La dimensione cognitiva in rete – spiega – cresce con la condivisione, crescono opportunità inaspettate, novità imprevedibili”.

“Il paradosso – continua Cortiana – è che viviamo una dimensione internazionale, ad esempio con i Forum sulla Società dell’informazione, in cui si ragiona su concetti come openness , security , multiculturality , e poi abbiamo dimensioni locali, o continentali, che tentano di dar vita per via normativa ad un controllo che non è dato”. “Tu cittadino – spiega il senatore – rischi di diventare la vittima del controllo: dalla tua carta di credito al casello dell’autostrada, ai messaggi che mandiamo”. Il senso di una tecnologia che dovrebbe migliorare la qualità della vita con questo approccio, dunque, viene ribaltato, e l’utente non è più il fruitore ma la vittima .

“E poi ci lamentiamo della Cina”, ironizza Cortiana. “Rischiamo – conclude – di venire meno al portato specifico europeo: proprio laddove gli americani stanno abbandonando certe logiche, noi le stiamo abbracciando. Loro hanno il fair use , noi equipariamo un’attività di contraffazione all’utilizzo personale dei sistemi di file sharing”.

Di seguito l’appello e le modalità per sottoscriverlo.
Gentili Membri del Parlamento Europeo,
la pirateria e la contraffazione causano un grave danno alle economie dell’Unione Europea, la Commissione Europea a questo fine ha proposto una Direttiva contro la contraffazione e la pirateria anche in relazione alle misure penali finalizzate ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. Le conseguenze e le misure di questa Direttiva avranno a che fare con un ecosistema cognitivo particolare, quale quello della rete digitale interconnessa di internet che, per sua natura costitutiva, non conosce la condizione di scarsità, consente la condivisione della conoscenza e si configura come una impresa cognitiva collettiva.

In modo avvertito, il Consiglio d’Europa nel 2000 ha promosso l”agenda di Lisbona” affinché l’Europa possa diventare entro il 2010 “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”.

Nell’economia della conoscenza la condivisione della stessa costituisce un fattore abilitante, per questo “access” e “openness” sono due dei quattro punti che l’Onu ha posto al centro del confronto mondiale nelle due sessioni del summit WSIS (Summit mondiale sulla Società dell’informazione – Ginevra, Tunisi) e nei successivi cinque Forum annuali IGF (Forum sulla Governance di Internet, Atenè06, Brasilià07, ecc.)

Quando pensiamo alle conseguenze della proposta di una direttiva, nel “primo pilastro” (riguardante le politiche economiche, sociali ed ambientali della comunità) dobbiamo considerare che essa introduce per la prima volta misure penali riguardanti il livello minimo della pena che gli stati membri dovranno recepire con specifico provvedimento legislativo indipendentemente dalla loro legislazione. con particolare riferimento al lavoro delle PMI europee (che rappresentano la gran parte del tessuto economico dell’Unione), è un freno allo sviluppo stesso della nostra economia.

Perché la possibilità da parte delle aziende, le più grandi in questo caso, di intervenire direttamente nelle indagini di polizia è qualcosa che non appartiene ai principi e ai valori sui quali l’Europa e i suoi stati membri sono stati costruiti, cioè quelli di stato di diritto e monopolio della forza.

Nella Relazione al Parlamento Europeo della Commissione Giuridica, accanto all’introduzione di un concetto simile al “Fair Use” per i contenuti coperti dal diritto d’autore, la distinzione tra uso commerciale e uso personale dei contenuti scambiati per via digitale risulta ambigua e contraddetta.

La Convenzione di Strasburgo del 2001 sul “cyber-crime”, in vigore, definisce atti criminali di violazione del copyright quelli commessi “intenzionalmente, su scala commerciale a mezzo dei sistemi di computer” così l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) nell'”Accordo sugli aspetti dei Diritti di Proprietà Intellettuale attinenti al Commercio” (TRIPS) all’art.61 prevede sanzioni per ” la contraffazione dei marchi e la pirateria del copyright su scala commerciale “.

Fino ad ora l’orientamento comunitario e la Direttiva 31 del 2000 sul commercio elettronico, esplicitamente non equipara lo scambio di contenuti digitali alla contraffazione e invece sottolinea l’importanza dell’autoregolamentazione.

Il fatto che una persona possa trarre un vantaggio dallo scambio di contenuti digitali non significa che ne faccia commercio e mercato, la cosa può dare conseguenze penali ai “navigatori” invece di indurre a nuovi modelli commerciali le imprese di contenuti digitali, con particolare riferimento al lavoro delle PMI europee (che rappresentano la gran parte del tessuto economico dell’Unione): è un freno allo sviluppo stesso della nostra economia.

Pirateria e contraffazione sono fenomeni diversi e solo in parte coincidenti, certamente possono essere concepite sanzioni penali comuni contro la contraffazione intesa come produzione e distribuzione in scala economica e seriale di prodotti falsificati, e ciò risponde anche ad una fondamentale esigenza di tutela dei consumatori in ambito europeo, ma tuttavia non si possono sottoporre a sanzione penale in modo generico e indiscriminato tutti quei comportamenti che con l’uso delle tecnologie informatiche di comunicazione possono incidere sul copyright e sui diritti connessi, saltando a piè pari una definizione degli atti penalmente rilevanti come quella, finora adottata e chiarissima, di “scala commerciale”, che ha anche finora costituito il punto di equilibrio ponderato per l’intervento penale in una materia ed in una rete di rapporti economici assai delicata.

Sono evidenti e delicatissime le implicazioni esistenti tra scambio interattivo di contenuti digitali, motivazioni individuali o sociali degli utenti e dei consumatori e rischi per le libertà e la riservatezza in tema di acquisizione e trattamento dei dati personali di traffico e connessione che una formulazione ambigua e generica delle nuove norme renderebbe possibile, rischi incompatibili con le tendenze di difesa della persona.

Con nuove tecnologie interattive come il DVB e le future apparecchiature che costituiranno l’evoluzione degli attuali televisori – lettori dvd, impianti Hi-Fi, telefoni cellulari e non, radio digitali, ricevitori satellitari, media center e computer – il flusso di informazioni digitali e dei dati personali individuali rischierebbe di essere completamente sottratto al controllo degli utenti finali e qualunque informazione di consumo individuale diventerebbe disponibile in base a quanto previsto o concesso dal detentore dei diritti di proprietà intellettuale mediante una infrastruttura tecnologica pervasiva, pagata dagli utenti finali sia in termini di costi economici che anche e soprattutto in termini di libertà digitali e di accesso alla cultura. Chi controllerà questa struttura disporrà di un potere immenso e senza precedenti nella storia, utilizzabile per qualunque fine non solo commerciale ma anche di controllo politico e culturale.

Proprio alla luce delle questioni oggetto del confronto internazionale la questione della proprietà intellettuale in relazione alla rete digitale interconnessa internet e delle azioni di pirateria e contraffazione ad essa correlate è urgente attivarsi affinché nella trattazione della pirateria e della contraffazione a danno della proprietà intellettuale vengano esplicitamente distinti l’uso commerciale e l’uso personale dei contenuti digitali e che siano chiaramente distinti ambito pubblico e ambito privato nella creazione di “squadre comuni”, tra aziende e forze dell’ordine, specificandone il ruolo e le funzioni a garanzia della riservatezza nel trattamento di dati personali di terzi e di imparzialità nelle iniziative di polizia giudiziaria, limitando perciò la presenza di soggetti privati ad una funzione tecnica di ausilio, che ha senso solo con riguardo alla produzione in serie di prodotti contraffatti, ed evitando pericolose e confuse commistioni.

Queste considerazioni rendono efficace il fine della proposta di Direttiva per contrastare la pirateria, la contraffazione e la malavita organizzata ad esse legata, rispettando le finalità dell'”Agenda di Lisbona”.

Vogliamo promuovere la libera circolazione dei prodotti dell’ingegno, anche attraverso le nuove forme di scambio rese possibili dalle tecnologie informatiche, se prive di fini di lucro, che consideriamo un fondamentale fattore di libertà, di eguaglianza e di diffusione della conoscenza.

Per questo vi chiediamo di modificare in modo coerente e senza ambiguità la Proposta di Direttiva che nel testo attuale è un freno allo sviluppo stesso della nostra economia.

Cordialmente,
Sen. Fiorello Cortiana”

Note “operative” Diffondere l’appello
Più che mai in queste ore chi ritiene di volersi opporre a quanto sta accadendo è bene che diffonda notizia di ciò che accade e inviti tutti a sottoscrivere l’appello.

Per aderire all’appello
In queste ore si sta provvedendo all’allestimento di uno strumento ad hoc che consenta di raccogliere le adesioni. In via provvisoria si può utilizzare la mail della redazione di Punto Informatico, pi@edmaster.it con subject “APPELLO” e, nel corpo del messaggio, il proprio nome e cognome, con città di residenza: PI provvederà a trasferire le adesioni non appena sarà possibile ai promotori della campagna.

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Pubblicato il
28 mar 2007
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