Nel variegato linguaggio di email e chat, parole scritte in grassetto a grandi caratteri acquisiscono una valenza del tutto particolare perché urlano qualcosa a gran voce. Questa tecnica oratoria non sembra, tuttavia, mietere messi di fan: le comunicazioni di una fidanzata adirata potrebbero anche passare, quelle di un dipendente ai suoi colleghi un po’ meno. È recentemente emerso una curioso caso di licenziamento che ha coinvolto una responsabile della contabilità di Auckland, Nuova Zelanda.
Vicki Walker ha lavorato per ProCare Health , azienda che opera nel settore della salute, sino al dicembre 2007. Poi, un benservito inaspettato, per motivi quasi insospettabili: aver spedito ai suoi colleghi alcune email “provocatorie” . Messaggi che, stando alle dichiarazioni dei vertici aziendali, hanno causato una generale “disarmonia sul posto di lavoro, attraverso l’uso di caratteri maiuscoli, in grassetto e stralci di testo in rosso”.
Molte le email denunciate da ProCare Health a carico della donna, una sola quella evidenziata a spiegare l’avvenuto licenziamento: il testo incriminato è indirizzato al resto della squadra, a proposito del compilare i moduli di reclamo, specificando ora e data in un rosso acceso e indicando una checklist sottostante con un avviso a caratteri più grandi e in blu. Walker ha invocato , ora, una maggiore protezione per i colletti bianchi: “Sono una donna single con un mutuo da pagare, ho utilizzato i soldi di mia sorella. Hanno quasi rovinato la mia vita”.
La contabile è stata 13 settimane a spasso, prima di trovare un nuovo lavoro nell’ottobre 2008, ma i suoi appelli hanno trovato la risposta della Employment Relations Authority che ha definito illegittimo il licenziamento da parte dei suoi datori di lavoro. 17mila dollari neozelandesi (circa 9mila euro) hanno placato parte dell’ira della donna che medita su ulteriori richieste di risarcimento. Da comunicare alla sua ex-azienda con una email grande e (g)rossa.
Mauro Vecchio