Parigi – Sembrava ormai sulla dirittura d’arrivo e invece la misura francese che avrebbe imposto ai distributori di opere online e ai jukebox web di utilizzare tecnologie anticopia (DRM) interoperabili è stata di fatto cancellata . Una commissione bicamerale del Parlamento francese, infatti, ha affossato l’obbligo di rendere i sistemi DRM tra di loro interoperabili.
La scelta della Commissione, che ha abbondantemente ritoccato l’emendamento alla nuova legge sul diritto d’autore che aveva sollevato enorme attenzione in tutto il Mondo, prevede anche che a decidere se il DRM utilizzato debba o meno essere interoperabile siano i detentori dei diritti . Il testo dell’emendamento spiega che sono ritenuti illegali sistemi DRM non interoperabili a meno che chi possiede i diritti lo richieda espressamente.
La “nuova” visione di Parigi non è però confinata al DRM: sono infatti previste nel nuovo testo le sanzioni per i pirati di opere , sanzioni peraltro contenute nell’ordine delle poche decine di euro se l’uso di quanto scaricato, ad esempio via P2P, è personale. Discorso diverso per chi cerca di lucrarci sopra, o chi promuove l’uso di sistemi illegali, in quel caso sono previsti carcere fino a tre anni e multa fino a 300mila euro .
Allo stesso modo rimarrà illegale aggirare sistemi DRM per garantirsi copie delle opere o per forzare l’interoperabilità tra siti web e servizi.
Per Apple , che fa uso di DRM non interoperabile per il suo iTunes Music Store , il jukebox più importante nel Mondo, la decisione francese rappresenta una gradita vittoria : la Mela di Cupertino infatto richiesto ampi ritocchi .
Ma non è ancora finita: Apple spera che prima del voto dei due rami del Parlamento si arrivi a cancellare anche il controllo di chi possiede i diritti di decidere dell’interoperabilità del DRM. Visti i rapporti spesso tesi tra la società di Steve Jobs e i grandi della discografia, peraltro impegnati in numerosi progetti di distribuzione online oltre ad iTunes, Apple potrebbe rischiare “imposizioni dall’alto” che la costringano a rivedere il proprio modello distributivo, fin qui rivelatosi un successo planetario.
A sperare che Apple l’abbia vinta fino in fondo, in realtà, sono molti osservatori , come Massimo Mantellini, secondo cui “Apple non vende solo musica, ma collega, come nessuno fino ad oggi è riuscito a fare, un prodotto ad un servizio (e forse maggiormente si appresta a farlo in futuro). Ma non solo: facendo ciò innova il mercato, traina una idea stessa di compatibilità fra industria e fruizione musicale che le major del disco hanno minuziosamente scardinato nel corso dell’ultimo decennio, in una miopia autolesionista che ha eguali solo in certi film dell’ispettore Clouseau”.
La decisione francese potrebbe influenzare notevolmente quanto avviene nell’ambito dell’Unione Europea, dove la Commissione ha già iniziato a lavorare per legittimare definitivamente il DRM anche al costo di sacrificare l’equo compenso : un sistema di distribuzione di opere veramente blindato non deve neppure porsi il problema della “copia privata”, poiché si decide fin dall’inizio, fin dal momento dell’acquisto dell’opera in digitale, quante copie e con che modalità potranno essere fatte dall’utente.
Molti ritengono che persino la Svezia o la Danimarca , che già stanno lavorando su un DRM interoperabile , potrebbero tornare sui propri passi e seguire l’esempio di Parigi. Non sembra per altro influenzare alcuno, al momento, la posizione anti-DRM espressa dall’ex boss dell’associazione dei discografici americana RIAA , Hilary Rosen, recentemente all’assalto proprio del modello DRM di Apple. Sulla stessa linea, peraltro, anche numerose associazioni dei consumatori di diversi paesi europei, che contestano le scelte tecnologiche della Mela.
Per il momento Apple, che gestisce il grosso del mercato della musica legale in rete, si esprime comprensibilmente con grande prudenza : “Attendiamo il risultato finale del processo legislativo francese, e auspichiamo che decidano di far sì che sia la fortissima concorrenza basata sulle possibilità di scelta dei consumatori a decidere quali siano i player e negozi di musica online a dover stare sul mercato”.