Dal 1 gennaio 2017, le aziende francesi devono garantire ai propri lavoratori il “diritto a essere disconnessi” al di fuori dell’orario di lavoro. Il provvedimento appena entrato in vigore fa parte del pacchetto di leggi sul lavoro approvato dal governo a maggio, la cosiddetta Loi travail , del quale altri e più significativi capitoli hanno suscitato molte proteste di piazza.
Secondo la nuova legislazione, le aziende con più di 50 dipendenti sono obbligate a negoziare con i lavoratori il diritto di non rispondere a email e telefonate di lavoro durante il periodo di riposo. La misura, introdotta dalla ministra del lavoro Myriam El Khomri, è tesa a stabilire un confine netto e invalicabile fra la positiva flessibilità del lavoro, che consente di occuparsi di questioni lavorative anche al di fuori del proprio ufficio e l’uso pervasivo delle nuove tecnologie, consentiti dall’ always on , l’essere sempre connessi a Internet.
La legge prevede la pubblicazione, da parte dell’azienda, di una carta in cui si elencano i diritti e i doveri dei lavoratori al di fuori dell’orario di lavoro, in mancanza di accordi specifici fra le parti in causa. Quello che di questo provvedimento non convince i sindacati è che non sono previste sanzioni per le aziende che non ottemperano a questo obbligo. Comunque sia, la legge viene giudicata “necessaria” anche da un quotidiano vicino alla sinistra come Liberation, che in un editoriale lo scorso 30 dicembre ha fatto notare come “i dipendenti siano spesso giudicati dal loro impegno verso le aziende e dalla loro disponibilità”.
Grandi aziende, come la compagnia di energia nucleare Areva o quella di assicurazioni Axa, hanno già stabilito limiti ai messaggi fuori orario, allo scopo di ridurre lo stress dei propri dipendenti. Altrettanto hanno fatto, in Germania, Volkswagen e Daimler. Uno studio pubblicato dal gruppo di ricerca francese Eleas nello scorso ottobre ha mostrato come oltre un terzo dei lavoratori francesi utilizzi i dispositivi mobili per lavoro, fuori orario, ogni giorno. E come circa il 60 per cento dei lavoratori siano a favore di una regolazione per sancire i proprio diritti.
La ricercatrice Anna Cox dell’Università College di Londra, esperta di work-life balance, intervistata dal quotidiano inglese The Guardian ha affermato che le aziende devono prendere in carico le richiesta sia di protezione, sia di flessibilità, dei lavoratori. “Ci sono persone che vogliono lavorare per due ore a sera, ma poter spegnere la connessione fra le 3 e le 5 del pomeriggio per andare a prendere i figli e cucinare la cena” sostiene la Cox. “Altre sono disposte a utilizzare il tempo di trasferimento prima di arrivare in ufficio” aggiunge. “Il mondo del lavoro sta cambiando rapidamente così come la tecnologia” spiega la ricercatrice britannica, “sempre più impiegati lavorano da remoto o con colleghi che si trovano in altre zone di fuso orario. Una delle sfide della flessibilità è come gestire il confine fra lavoro e casa”. Secondo la Cox, “uno degli effetti positivi della legge sarà quello di incoraggiare il dialogo fra le persone che lavorano insieme, il confronto fra i vari punti di vista”.
Il diritto alla disconnessione è stato proposto per la prima volta dalle parti sociali nel giugno 2013, nell’accordo sulla qualità della vita lavorativa che mirava a “promuovere una gestione intelligente delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, al servizio della competitività delle imprese, rispettando la vita privata dei lavoratori”.
Pierluigi Sandonnini