La guerra si sposta anche su TikTok

La guerra si sposta anche su TikTok

La guerra in Ucraina passa anche per TikTok, dove entrambe le fazioni (ma in modo differente) tentano di coinvolgere gli influencer di TikTok.
La guerra si sposta anche su TikTok
La guerra in Ucraina passa anche per TikTok, dove entrambe le fazioni (ma in modo differente) tentano di coinvolgere gli influencer di TikTok.

La guerra in Ucraina sta per entrare in una fase nuova e per certi versi inaspettata al cospetto degli scenari novecenteschi fin qui visti tra spari e carri armati. Secondo quanto trapelato, infatti, tanto la Russia quanto gli Stati Uniti stanno per coinvolgere i principali influencer di TikTok per utilizzarli ai fini delle rispettive propagande.

C’è una differenza sostanziale, però, tra i due approcci: se quanto rivelato dovesse rivelarsi accurato (il condizionale in questa situazione è d’obbligo), gli Stati Uniti starebbero cercando di persuadere, mentre la Russia sta cercando di coinvolgere con promessa di pagamento.

La guerra di TikTok

La campagna statunitense sarebbe stata condotta con un brief online (su Zoom, secondo quanto emerso) con cui trenta influencer sarebbero stati informati circa quanto sta accadendo attualmente in Ucraina. Dopo l’incontro ci sarebbe stato uno spazio per le domande, con risposte mirate sui vari contesti possibili su ulteriori escalation militari. Un incontro ai massimi livelli, insomma: la Casa Bianca da una parte, il gotha di TikTok dall’altra. L’obiettivo sarebbe stato quello di offrire un contatto diretto e informazioni affidabili, senza mediazioni, affinché la voce importante degli influencer possa attingere ad una narrativa reale (dal punto di vista del narratore, ovviamente: precisazione sempre doverosa in un teatro di guerra).

La campagna russa sarebbe più pragmatica e probabilmente obbligata: l’arruolamento degli influencer è una vera “chiamata alle armi” che avrebbe già portato alla pubblicazione di alcuni video allineati alla narrativa putiniana dell’Operazione Speciale in Ucraina. Non una invasione, non un barbaro assalto contro i civili, ma una versione edulcorata e fondamentalmente non corrispondente ai fatti acclarati. Il tutto sarebbe stato portato avanti attraverso un gruppo Telegram utilizzato per coordinare contenuti e pubblicazioni, tirando le fila della campagna come fosse una vera e propria iniziativa di marketing di Stato. Il gruppo sarebbe stato quindi chiuso e la campagna specifica è probabilmente terminata nelle ore stesse in cui il Cremlino annunciata la sospensione di Instagram sul territorio russo al fine di orientare in modo più preciso la narrazione dominante.

Le sanzioni da una parte, la narrativa di Putin dall’altra: la guerra in Ucraina e il futuro dello “zar” potrebbero in gran parte dipendere proprio da come si orienterà il pubblico più giovane, quello che con maggior probabilità risponderà alle sollecitazioni di Aleksej Navalny per una protesta più forte e organizzata contro le scelte militari. La propaganda ha bisogno di sparare i suoi colpi più importanti, ma su questo fronte Putin sembra essere in difficoltà: da una parte c’è un Occidente che domina i social media e dall’altra c’è uno Zelensky che ha dimostrato una presenza scenica che va ben oltre il suo mero ruolo da attore navigato. Per la Russia non è rimasta che la censura, qualche comparsata televisiva di un Putin che torna a farsi vedere e qualche campagna su TikTok che potrà temporaneamente rattoppare la situazione.

Spento il display, tornano a tuonare le armi. Ma alla storia passerà anche questo: la guerra, nel 2022, passa anche attraverso gli Short, i Reel e gli influencer di TikTok.

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Pubblicato il
14 mar 2022
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