New York (USA) – Si moltiplicano le denunce del colosso americano Monsanto contro decine di propri clienti che usano illegalmente la tecnologia ceduta loro in licenza.
La multinazionale dell’ingegneria biotecnologica sta in particolare chiedendo danni a quegli agricoltori che hanno trattenuto i semi del raccolto precedente, ottenuto con le semenze geneticamente modificate della Monsanto, e li hanno usati per piantare i nuovi raccolti, violando così le clausole delle licenze d?uso.
I cosiddetti semi da una sola stagione , infatti, sono considerati dalla Monsanto e dalla legge statunitense sul copyright in modo del tutto simile alle tecnologie dell’informazione. E’ infatti possibile acquistarne il quantitativo desiderato a patto di non ricavarne altro se non il raccolto previsto, proprio come accade a chi compra per esempio un DVD col quale null’altro può fare se non vederselo a casa.
Tutto questo naturalmente confligge con le consolidate abitudini degli agricoltori che da sempre raccolgono sapientemente i semi migliori con cui di stagione in stagione provvedere alla semina. Un’attività che viene considerata un vero e proprio atto pirata al punto che già in un caso la Monsanto nel Tennessee è riuscita ad ottenere la condanna a otto mesi di reclusione per Kem Ralph, coltivatore un po’ troppo legato alla tradizione.
Per dare manforte all’attività della polizia, Monsanto ha confermato l’esistenza di una propria forza investigativa che ogni anno esamina fino a 500 “soffiate” che arrivano all’azienda, provenienti spesso da agricoltori che denunciano i propri competitor se hanno sentore che questi cercano di risparmiare sui semi geneticamente modificati. Un numero speciale consente una delazione rapida ed indolore, similmente a quanto realizzato dalla Business Software Alliance per accelerare la caccia alle imprese che usano software pirata.
Almeno in campo agricolo la pubblicità e la repressione sembrano funzionare. Le sementi frutto dei laboratori Monsanto nel 2004 sono state seminate in tutto il Mondo su una superficie del 20 per cento più ampia di quanto accaduto nel 2003, a quota 200 milioni di acri.