Le parole del viceministro all’Economia, Maurizio Leo, hanno inaugurato un nuovo modo di intendere la lotta all’evasione fiscale. Al momento i dettagli latitano e probabilmente non saranno mai approfonditi in modo particolareggiato, tuttavia quel che si lascia intendere è come la caccia agli evasori sia destinata a passare nel prossimo futuro anche tramite i social network.
“L’evasione fiscale è come un macigno tipo il terrorismo” e, dati alla mano, l’Italia non può certo negare questo assunto. Tuttavia negli anni ad ogni nuova norma è nato un nuovo modo per aggirare le precedenti, il che ha messo l’evasore sempre un passo avanti rispetto ai controllori. Nulla di cui vantarsi: l’Italia paga pesantemente questo tipo di “furbizia”, un aggravio per i costi dello Stato, per il debito pubblico e per le possibilità delle prossime generazioni.
Sui social in cerca di evasori
Da tempo l’Agenzia delle Entrate ha iniziato ad utilizzare un maggior numero di indicatori per fare emergere quei profili che vivono in modo troppo agiato rispetto al reddito dichiarato, poiché in questa discrasia potrebbe emergere una qualche forma di evasione. Il famigerato “redditometro” era soltanto uno dei primi tentativi, che nel tempo sono stati evoluti e che ora vogliono provare a scavare nei social network per scoprire quanti godono di una vita eccessivamente al di sopra delle proprie possibilità.
Il Governo, in particolare, sta lavorando con Agenzia delle Entrate e Sogei (non senza il necessario consulto con il Garante della Privacy), per portare avanti un’azione di “data scraping”: i social sarebbero pertanto la fonte delle informazioni, il luogo dove si vanno a cercare gli evasori sulla base delle condivisioni messe a disposizione della pubblica visione. Questa tecnica potrebbe aiutare a scovare l’evasore tramite i social perché potrebbe permettere di “vedere pure gli elementi significativi del suo tenore di vita: professionisti e imprenditori vanno su internet e sui social e dicono dove sono stati in vacanza o in quale ristorante“.
Ma ne siamo certi? I social sono il luogo dove gli imprenditori mostrano le loro vacanze pagate in nero, oppure è ben più probabile incrociare il semplice operaio che si gode la vacanza agognata dopo molti mesi di lavoro? Utilizzare i social per la ricerca dell’evasore non rischia forse di concentrare ancora una volta l’occhio del controllore su una fascia già ampiamente controllata, senza che cittadini alto-spendenti e ben più pudichi nel mostrare i propri agi siano mai attenzionati a dovere? Inoltre, quali potrebbero essere gli indicatori affidabili in un mondo, come quello dei social, dove la finzione è dietro l’angolo e dove nulla può avere reale peso probatorio?
Maurizio Leo se ne dice certo: “bisogna fare un passo avanti per mettere l’amministrazione finanziaria nelle condizioni di poter lavorare su quel versante del “data scraping” e acquisire altri elementi fondamentali per la lotta all’evasione“. Ancora una volta il principio è ineccepibile, ma il metodo alimenta più di qualche dubbio sulla bontà delle informazioni reperibili e sul loro possibile utilizzo.
Con ogni probabilità gli unici contenuti tenuti in considerazione saranno quelli di condivisione pubblica, quindi accessibili a chiunque e non quelli protetti all’interno della ristretta bolla dei propri follower: se così non fosse, infatti, potrebbero ravvedersi profili complessi dal punto di vista della tutela della privacy e difficilmente il Garante potrebbe approvare un metodo tanto intrusivo.
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