La guerra iper-tecnologica del prossimo futuro si combatterà soprattutto a suon di droni volanti “stealth” comandati da terra , e chi avrà la capacità di restare fuori dai radar avrà anche le maggiori probabilità di vibrare per primo il colpo della vittoria sul nemico. Ci credono le autorità militari negli States come nel Regno Unito, anche se le soluzioni proposte possono essere differenti per scopi e impiego sul campo.
Nel Regno Unito le speranze di successo nella guerra tecnologica sono alimentate da Taranis , ultimo parto dell’industria bellica BAE Systems recentemente messo in mostra dopo un lavoro di sviluppo iniziato nel 2006 e tutt’ora in corso d’opera. Il drone volante senza pilota – il primo per l’aviazione britannica – prende il nome dalla omonima divinità celtica del fulmine e del tuono, costa oltre 140 milioni di sterline ed è pensato per azioni tattiche contro paesi tecnologicamente avanzati .
Taranis è in grado di caricare e “svuotare” un quantitativo moderato di armi e proiettili , ma a risaltare sono soprattutto la sua capacità di non farsi individuare dai radar e nel contempo l’abilità di “spiare” il territorio nemico assieme al movimento di truppe regolari o “insorgenti”. L’entrata in servizio del nuovo drone britannico è prevista nel prossimo “decennio”.
Passando dall’Europa agli States, l’approccio alla “morte dall’aria” senza equipaggio umano si fa più integrato e diretto : l’agenzia DARPA e il Pentagono sono al lavoro su un progetto chiamato PCAS (Persistent Close Air Support), dove i vari livelli decisionali intermedi che concorrono a ogni singola mossa dell’aviazione vengono ridotti a due a tutto vantaggio dell’efficacia e della velocità di azione.
Nell’ambito del PCAS, l’ufficiale preposto al ruolo di Joint Terminal Attack Controller (JTAC, ovverosia colui che coordina gli attacchi aerei e i movimenti della fanteria sul campo) avrà “la capacità di visualizzare, selezionare e utilizzare armi a proprio piacimento” inviando ordini di attacco a un micidiale cacciabombardiere A-10 Thunderbolt II (nome in codice “Warthog”) a guida automatica e non solo.
Negli States alla ricognizione aerea ci pensa Boeing con il suo nuovo Phantom Eye , un drone alimentato a idrogeno ecocompatibile (l’unico scarto dell’aereo è l’acqua) e capace di stare in volo per quattro giorni di fila a un’altezza di quasi 20 chilometri. In questo caso il primo volo di test è previsto entro il prossimo anno.
Alfonso Maruccia