La musica come prodotto commercialmente valido sarà anche in declino come le Grandi Sorelle del disco ripetono a ogni passaggio di luna, ma a giudicare dalle stime annuali sulle vendite messe assieme da Nielsen SoundScan (e relative al mercato statunitense) ai consumatori non è ancora passata la voglia di ascoltare canzoni persino nel formato album a tutto tondo.
Il dato complessivo, nel passaggio dal 2008 al 2009, è tanto per incominciare positivo, anche se di poco: la musica (sia online che offline) in quanto business ha continuato a crescere passando da 1,51 miliardi di unità vendute (2008) a 1,54 (2009). Una crescita del 2,1% in un periodo di recessione non sembra faccia giustizia alle minacce apocalittiche di Sony, EMI, Universal e Warner, anche se a considerarli più nel dettaglio i numeri di Nielsen presentano delle criticità indubbie.
Se confrontata alla percentuale dell’anno precedente (10,5% tra il 2007 e il 2008), la crescita del 2009 appare come un brusca frenata per l’industria: il digitale, come prevedibile, continua ad aumentare la propria rilevanza con circa 1,16 miliardi di brani singoli (+8,3% rispetto al 2008) e 76,4 milioni di album (+16,1%). In confronto, gli album venduti su supporto fisico sono andati giù con una media del 17,4% annuale (-20,7% per gli album attuali e -14,1% per quelli da catalogo).
La piccola ma battagliera nicchia che ha fatto rinascere il mercato del vinile continua a far registrare incrementi sostanziali, con un +33% su base annua e 2,5 milioni di dischi venduti nel 2009 (un vero record, almeno dal 1991 in poi). Continuano a trainare i big della musica (Beatles, Michael Jackson e Bob Dylan fra gi altri) ma anche gli indie dimostrano di voler riscoprire le gioie del giradischi e del fruscio analogico.
Dalle stime di Nielsen si potrebbe trarre la conclusione che, a discapito dei pessimismi a orologeria delle major musicali, gli utenti abbiano ancora voglia di ascoltare dischi (il +16% degli album digitali è in tal senso indicativo) purché opportunamente motivati a farlo. Altrettanto chiaro appare poi il declino del supporto ottico come mezzo preferito per la fruizione musicale.
Quello che non ha ancora avuto spiegazioni adeguate è la perniciosa tendenza dell’industria del copyright (nel caso specifico di provenienza italiana) a parlare di danni di dimensioni ciclopiche causati dall’online, con il “Centro Studi per la protezione dei diritti degli autori e della libertà di informazione” che parla di un miliardo di euro di guadagni mancati nel solo 2009.
Mentre in Italia si lanciano allarmi, infine, nel Regno Unito i componenti della Camera dei Lord si interrogano sulle modifiche da apportare alla discussa legge sulle disconnessioni in caso di flagranza di reato a mezzo P2P. Disconnessioni che secondo alcuni emendamenti potrebbero anche non essere più così automatiche senza la presentazione di adeguate prove legali.
Alfonso Maruccia