Roma – L’accademia delle scienze britannica Royal Society , probabilmente la più autorevole congrega scientifica d’oltremanica, ha rilasciato un rapporto per avvertire che gli effetti della nanotecnologia non sono solo e necessariamente positivi. E per chiedere che si indaghi al più presto e in modo estensivo sulle possibili conseguenze dello sviluppo di questa ambiziosa e gettonatissima branca della scienza.
“Gli scienziati e gli ingegneri – scrivono i ricercatori dell’istituto accademico – ritengono che la nanotecnologia possa portare grandi benefici ora e in futuro grazie ad applicazioni come migliori filtri per la potabilizzazione dell’acqua, modi migliori per la somministrazione dei farmaci e nuove metodologie per curare e riparare organi lesi”.
Ma gli stessi esperti che hanno partecipato al workshop con cui si è dato vita al Rapporto hanno spiegato che “si devono compiere ulteriori accertamenti per indagare sui rischi potenziali alla salute posti dai nanotubi e altre nanoparticelle, conseguenze che possono essere potenzialmente dannose in modi imprevedibili . Ulteriori studi dovrebbero essere compiuti sul comportamento delle nanoparticelle nell’ambiente”.
Le preoccupazioni relative alla nanotecnologia non sono cosa nuova e ne ha parlato più volte con autorevolezza il cofondatore di Sun Microsystems, Bill Joy , secondo cui la nanotecnologia, proprio come la genetica e la robotica, sono potenzialmente un rischio, perché la ricerca può avere conseguenze eclatanti, positive o devastanti, e viene portata avanti senza un effettivo controllo.
Tutte preoccupazioni che fin qui non hanno peraltro rallentato la corsa al nano , tanto che quest’anno il Congresso americano ha stanziato 2,36 miliardi di dollari per sostenere la ricerca nel settore. È d’altra parte comprensibile l’interesse per lo sviluppo di applicazioni che potrebbero avere forti implicazioni commerciali e non solo sanitarie, come la costruzione di celle di combustibile di nuova concezione, o nano-operatori capaci di spazzare via le sostanze inquinanti o i residui dei processi industriali per arrivare alla creazione di muscoli artificiali composti da nanomateriali reattivi alla luce o al suono e via dicendo.
Su questi problemi Ann Dowling, accademica che ha presieduto il workshop, e gli autori del Rapporto hanno spiegato che occorre stare in guardia contro le suggestioni di certi scrittori o di certa stampa perché, invece, è necessario ragionare “sulle implicazioni, sia positive sia negative, della nanotecnologia”.
A loro dire un problema è il fatto, per esempio, che le leggi non prendano in considerazione la dimensione minima delle particelle , materiali di un milionesimo di millimetro che potrebbero essere liberati nell’ambiente con conseguenze tutte da verificare.
Un altro problema, per alcuni “il” problema, sono le grandi corporation “che stanno diventando sempre meno disponibili a interagire con il pubblico e persino con gli scienziati per discutere i loro programmi di ricerca nanotecnologica”. È forse questo il rischio più grande, evidentemente, visti gli interessi enormi che possono celarsi dietro la realizzazione di nuove applicazioni nella bionanotecnologia, l’optoelettronica o nella nanoingegneria.
Lo studio (in inglese) è disponibile a questo indirizzo: http://www.nanotec.org.uk/