Si arricchisce ancora negli States il panorama dell’offerta formativa in materia di videogiochi. La New York University ( NYU ) lancia il Game Center, un dipartimento universitario interamente dedicato ai giochi digitali. La proposta punta ad assecondare la crescente popolarità e il consistente valore del mercato videoludico.
L’ annuncio ufficiale promette che il nuovo istituto sarà operativo a partire dal primo semestre 2009-2010 e offrirà percorsi di laurea e dottorato dedicati al design, allo sviluppo e allo studio sui giochi digitali. 70 i corsi previsti nella prima tornata didattica. “La missione del Centro”, ha dichiarato il rettore della New York University David McLaughlin, “è quello di formare la prossima generazione di imprenditori, designer e studiosi di videogiochi”. Un’iniziativa che sembra ben declinarsi con l’avvio del Games for Learning Institute , un centro di studio sulle potenzialità didattiche dei videogiochi creato dalla NYU insieme a Microsoft.
Il funzionamento del dipartimento, racconta Crainsnewyork , troverà sostegno economico in una donazione di 1 miliardo di dollari effettuata da un anonimo filantropo, e in un fido da 200mila dollari del Fondo “NYC Cultural Innovation” della Fondazione Rockfeller.
Le iniziative della NYU segnano l’ulteriore strutturarsi di un mercato formativo, quello dedicato ai videogiochi, che negli Stati Uniti è sempre più fiorente. Lauree triennali, specialistiche e dottorati vengono offerte ormai in una quantità di istituzioni universitarie tra cui la University of Southern California (Videogames Design and Management), la Michigan State University , la Full Sail School . Ad assecondare la crescita della formazione in questo settore vi sono l’aumento di popolarità dei videogiochi presso fasce di popolazione sempre più ampie ed il susseguente esplodere dei fatturati: il mercato dei videogame vale negli USA diversi miliardi di dollari e compete per dimensioni con quello di Hollywood .
Visto dall’Italia, il fermento formativo esistente oltreoceano intorno ai giochi digitali appare quasi miracoloso. Non che da noi i videogiochi non tirino: AESVI calcola che le vendite di game abbiano prodotto nel 2007 ricavi per oltre un miliardo di euro. Ma l’offerta di istruzione per coloro che intendono creare e sviluppare questo tipo di prodotti resta nel Belpaese estremamente limitata: l’unico percorso universitario pubblico in Game Design è stato recentemente chiuso , e l’offerta è garantita soltanto da poche realtà private come AIV o lo IED (sede di Roma).
Tante le ragioni del ritardo. Ma a fare la parte del leone è sicuramente la mancanza in Italia di un comparto industriale ampio e solido, in grado di assorbire laureati e diplomati. Il settore, raccontavano a Punto Informatico i responsabili della software house Idoru Games , dà lavoro in Italia a non più di 300 persone, specializzate per lo più nella “localizzazione” di titoli stranieri. Con la conseguenza che le imprese faticano a promuovere la propria visibilità e a ottenere finanziamenti da istituzioni e venture capitalist . E a peggiorare il quadro, segnala GameProg ] contribuisce anche la ridotta sensibilità degli italiani rispetto alle potenzialità economiche del gaming: decisori e opinione pubblica continuano a vedere i videogiochi come un ameno intrattenimento, senza coglierne le possibilità occupazionali e di sviluppo.
Giovanni Arata