Le ultime lettere giunte dal suolo marziano sono state di vittoria: “Trionfo” ha comunicato a Terra la Mars Phoenix Lander un attimo prima di disattivarsi, oltre tre mesi dopo il termine previsto per le operazioni e dimostrando una tenacia che fa sperare gli scienziati di non aver perso per sempre in contatto con la sonda. Che in questi quasi sei mesi di operazioni ha prodotto una enorme quantità di dati, molti dei quali ancora da analizzare, e garantito un paio di sorprese agli scienziati in cerca di indizi di vita autoctona sul vicino di casa della Terra, per molti versi simile al nostro pianeta.
La Phoenix era stata lanciata da Cape Canaveral il 4 agosto del 2007 : da subito la missione si era rivelata piuttosto fortunata, mostrando una traiettoria di volo quasi perfetta ed evitando il disastro in fase di atterraggio ( avvenuto il 25 maggio del 2008) sul suolo marziano. Una serie di circostanze ancora ignote, infatti, avrebbe ritardato l’apertura del paracadute di alcuni secondi rispetto a quanto previsto, causando uno spostamento del luogo dell’atterraggio di circa 30 chilometri rispetto all’area preventivata.
A differenza di alcune sonde che hanno preceduto la Phoenix su Marte negli ultimi anni, quest’ultima non era dotata di meccanismi che le consentissero di spostarsi . Phoenix era piuttosto un laboratorio chimico piuttosto sofisticato trasportato sul suolo marziano, assemblato in massima parte con elementi realizzati o progettati per precedenti missioni: il nome scelto per la sonda si rifà alla leggenda dell’uccello immortale proprio per indicare il riuso di materiale proveniente da precedenti missioni (alcuni delle quali cancellate) nella costruzione, con il preciso scopo di individuare tracce d’acqua e di eventuali forme di vita presenti o passate sviluppatesi sul Pianeta Rosso.
Proprio quest’ultimo compito, tuttavia, è stato al centro di alcune vicissitudini: il sistema di atterraggio a retropopulsione di Phoenix funziona a idrazina , sostanza potenzialmente in grado di compromettere alcuni esperimenti chimici, e ciò ha fatto temere che in parte i dati ricevuti possano risultare falsati per via di qualche reazione non prevista . Nonostante queste considerazioni, all’inizio di agosto alcune voci sulla presunta scoperta di tracce di vita su Marte si erano diffuse incontrollate per alcuni giorni.
La stessa NASA, tuttavia, è intervenuta per chiarire che le prime analisi dei dati pervenuti a terra lascerebbero intendere una massiccia presenza di perclorato nel suolo marziano , sostanza incompatibile con questa possibilità, e in quantità tali da ritenere che l’ecosistema del pianeta non sia poi così favorevole alla nascita e sviluppo della vita come si era sperato.
Quanto invece la Phoenix è stata in grado di confermare è stata la presenza di acqua : la scelta della zona di atterraggio, in prossimità del polo nord del pianeta, era volta a verificare l’esistenza di calotte polari simili a quelle presenti sulla Terra. Anche in questo caso si tratta di analisi preliminari, ma le prime conclusioni su alcuni esperimenti e alcune immagini ricevute farebbero propendere per l’esistenza di H2O sotto forma di ghiaccio, mescolato a ghiaccio secco (CO2 in forma solida), nascosto sotto un leggero strato di polvere.
Tra gli altri compiti di Phoenix ci sono state rilevazioni meteorologiche, misure elettriche delle caratteristiche del suolo e l’osservazione al microscopio di alcuni campioni raccolti dal braccio robotico . Oltre a questo, la sonda era dotata anche di una camera steroscopica che ha consentito la ripresa di affascinanti panorami marziani.
Phoenix ha ufficialmente cessato le proprie attività il 10 novembre 2008 , otto giorni dopo il precedente contatto durante il quale era stata avviata una procedura di spegnimento controllata . Le condizioni climatiche nella regione polare, unite ad un incremento nelle polveri disperse nell’atmosfera marziana che riducono la capacità di alimentazione delle batteria tramite i pannelli fotovoltaici, hanno condotto ad una rapido esaurimento dell’energia accumulata.
Grazie alla procedura di arresto tentata dagli scienziati, la Phoenix tuttavia potrebbe risorgere : al termine dell’inverno marziano, cominciato proprio in questi giorni, e se la sonda non riporterà danni nel corso dei prossimi mesi, il sistema potrebbe tentare un riavvio automatico delle funzioni in presenza di un’adeguata carica delle batterie. È questo l’auspicio della NASA, che si augura di riprendere gli esperimenti nella primavera del 2009 , e che confida che la fortuna che fin qui ha accompagnato la Phoenix non la tradisca e le consenta di rinascere dalle sue ceneri ancora una volta.
Luca Annunziata
fonte immagini: NASA