Abbiamo raccontato nelle settimane scorse (qui e qui) le caratteristiche della Scuola 42 di Firenze e la sua peculiare natura formativa, nella quale si privilegiano le dinamiche collaborative rispetto a quelle tradizionali della scuola come l’abbiamo sempre conosciuta. Un racconto nel quale non emergono soltanto le linee guida di una scuola specifica, ma una vera e propria nuova pedagogia nella quale la persona è al centro ed il metodo è tutto quel che importa: l’affrontare quotidianamente nuove sfide ed il dover imparare ogni giorno a districarsi è qualche che ha più a che fare con l’istinto alla “sopravvivenza” che non alla competenza passata per osmosi dai libri alla mente.
In 42, questa nuova pedagogia applicata agli sviluppatori software prende forma attraverso una serie di elementi del tutto particolari, che gli studenti colgono generalmente con entusiasmo, ma che in molti casi non è facile far comprendere all’esterno (perché, come in tutti gli approcci originali, sfugge spesso il fil rouge che tiene insieme l’intero progetto). Ci siamo fatti pertanto aiutare da Rebecca e Matteo, due studenti della Scuola 42 di Firenze, per svelare un arcano che più di ogni altro può interessare chi sta pensando a questo nuovo modo di imparare per aprirsi un futuro nel mondo della programmazione.
Rebecca ha sentito parlare della Scuola 42 in tv: era in difficoltà nel trovare un lavoro, non aveva alcuna esperienza nel campo della programmazione (né specifica ambizione, in quanto proveniente da studi nel mondo della Biologia), ma la filosofia espressa da questo tipo di scuola è stata un’ispirazione immediata, “un’esperienza mistica” dove il bello è “non sapere in anticipo quel che succede“. Matteo ha nel suo background una laurea in lingue orientali e, vivendo lontano da Firenze, ha approfittato anche di speciali opportunità di alloggio che vengono messe a disposizione degli studenti. Il suo obiettivo era quello di perseguire quell’idea di “apprendimento permanente” a cui nessun professionista dovrebbe più esimersi, poiché soltanto con l’aggiornamento delle proprie competenze è possibile continuare ad essere ambiti sul mercato del lavoro.
Nei loro racconti, e nella diversità delle loro due estrazioni, emergono le qualità di un metodo 42 che si distingue in tutto e per tutto dai metodi tradizionali. Abbiamo voluto capire cosa li abbia avvicinati a questo percorso e, soprattutto, come sia stato l’approccio iniziale. Con loro abbiamo parlato, infatti, della piscina.
Cos’è la piscina e come iscriversi
La piscina è il primo vero passo all’interno della Scuola 42. Per accedere ai corsi (completamente gratuiti) della 42, infatti, bisogna anzitutto dimostrare di poter sopravvivere ad una prova di resistenza che mette in discussione ogni assunto e che vuol misurare non tanto il grado di competenza, quanto la capacità di poter far parte di un metodo formativo completamente nuovo. Per candidarsi alla piscina occorre iscriversi qui e superare due semplici test online: un gioco di memoria ed uno di logica. Un incontro introduttivo spiegherà quindi la filosofia 42, dopodiché si spalancheranno le porte di quella prima sessione intensiva di programmazione che prende il nome di “piscina”.
Il termine “piscina” nasce da un’immagine semantica precisa: un grande bacino di problemi entro i quali si viene gettati anche se non si sa “nuotare”. La soluzione si può trovare però in molti appigli, purché si sia disposti a faticare con bracciate che sappiano tenere a galla, che sappiano aiutare gli altri e che consentano di diventare parte di un processo di apprendimento più che clienti del processo stesso.
Le forche caudine della piscina sono il filtro più importante, oltre il quale si potranno trovare soltanto studenti adeguatamente appassionati, decisi e pronti per affrontare davvero la 42.”Passione” è infatti una delle parole più ripetute durante la nostra chiacchierata con Rebecca e Matteo. I ragazzi, peraltro, non hanno potuto raccontarci tutti i dettagli proprio perché l’importante non è semplicemente cavarsela: l’importante è capire come si fa in autonomia. Inutile anticipare troppo, quindi: la piscina sa essere severa, ma è questo un servizio anzitutto ai potenziali studenti poiché sa selezionare in modo limpido quanti sono tagliati per affrontare il metodo 42 e quanti, invece, sono più adeguati in un percorso di apprendimento più tradizionale.
“Tutti in una stanza dopodiché… fate!“: Rebecca spiega che l’impatto è stato duro perché, pur non avendo alcuna competenza in quanto a programmazione, si è trovata immediatamente di fronte ai primi – elementari, col senno di poi – problemi da risolvere. La logica è quella del gioco: missioni successive da affrontare e superare. Per cavarsela occorre leggere, informarsi e collaborare, soprattutto con i propri pari e con coloro i quali già sono riusciti a superare il problema e sanno quindi fornire consigli per fare lo stesso. Quelli che una scuola tradizionale punisce come suggerimenti, 42 premia in quanto elementi di una virtuosa dinamica collaborativa. Il motivo è semplice: non sarà un suggerimento a creare la competenza, ma potrà essere la scintilla per far compiere passi avanti dentro i quali si impara, si memorizza, si apprende in modo strutturale e si mettono da parti nuovi mattoncini del proprio costrutto formativo.
Una scuola gratuita e sempre aperta, dove il tempo non è scandito dagli esami, ma dalle competenze metabolizzate una goccia alla volta: il metodo è una vera e propria rivoluzione rispetto al concetto tradizionale di scuola e apprendimento, di qui la necessità di un test come quello della piscina per capire chi sia realmente tagliato per una sfida simile.
Saper lavorare in squadra è una delle doti principali. Questo significa, allo stesso modo, saper chiedere e saper dare, sapersi informare e saper fornire aiuti. Soltanto diventando un anello vivo di questa catena è possibile animare la “42”, proseguire nel proprio percorso individuale e superare l’intero percorso una missione dopo l’altra. Gli esami ci sono, ma non ci sono voti: ci sono, semmai, dei semplici “check” con i quali dimostrare di aver saputo “nuotare” davvero.
Matteo ha voluto sottolineare come la piscina sia un momento formativo importante, anche e non solo per quanto concernente il proprio proseguimento nella scuola 42. In un mercato del lavoro che richiede un “apprendimento permanente“, infatti, soltanto una piena autonomia formativa ed una vivace capacità di problem solving possono consentire di crescere e adattarsi. La piscina, del resto, altro non è se non una riproposizione metaforica del mondo post-scolastico, dove è la capacità di affrontare i problemi (trovando soluzioni) che può creare valore per le aziende che ci scelgono come risorse.
Come funziona
Fin dal primo giorno di piscina si inizia ad entrare in contatto con quelle competenze basilari che occorre metabolizzare per poter dare il via al percorso di programmazione: a piccoli passi progressivi ci si avventura così nelle basi del linguaggio Bash e nell’utilizzo di git, tasselli essenziali per quello che sarà l’apprendimento successivo. La curva di apprendimento si fa così sempre più rapida, tanto che già alla fine delle quattro settimane di piscina si hanno a disposizione ottime competenze di linguaggio C.
La piscina, del resto, è una vera e propria full immersion: i locali della scuola sono aperti 24 ore su 24 ed ogni partecipante ha la possibilità di attingervi per tutto il tempo di cui ne sente la necessità. Esercizio dopo esercizio, sfida dopo sfida, la competenza viene realmente “costruita” con tasselli in successione cementati da passione, stimoli continui e volontà di farcela. Ogni “missione” implica un ruolo doppio da parte di tutti i partecipanti alla piscina: da una parte occorre perseguire l’oggetto della sfida, dall’altra occorre prestarsi alla correzione altrui seguendo le linee guida disponibili. In entrambi i casi occorre riversare impegno e abnegazione, anche quando il proprio ruolo è quello del “controllore”: occorre offrire valutazioni oggettive e responsabili, compilando un apposito modulo che consentirà di arrivare alla valutazione finale.
Fornire feedback agli altri partecipanti è altrettanto importante non soltanto poiché si consente all’intera community di trovare sempre una sponda con la quale procedere nel proprio impegno, ma anche perché l’interazione è parte integrante del processo formativo. In particolare, spiegare e fornire indicazioni rappresenta un momento rafforzativo, nel quale lo sforzo esplicativo si fa fondamentale per fissare le nozioni e contribuirle a farle sublimare in competenze prima e conoscenza poi. Lo scambio informativo e le interazioni tra i ragazzi della piscina, insomma, sono elemento stesso della dinamica di apprendimento, poiché costituiscono quella trama comunicativa attraverso cui le informazioni fluiscono fino a diventare “skill” laddove il partecipante si dimostra maggiormente ricettivo.
La piscina non è solo “problem solving”, perché mette alla prova anche aspetti più afferenti alla capacità di stare con gli altri, fare squadra e costituirsi parte attiva di un processo collaborativo. La piscina non è nemmeno soltanto “arte dell’arrangiarsi”, perché in realtà non serve a nulla cercare scorciatoie quando il valore sta tutto nel percorso e non nell’arrivo. La piscina è qualcosa di differente e unico, insomma, costituendo pertanto in modo chiaro una prova probante di quanto si è tagliati per questo tipo di apprendimento.
Sviluppatori, in un modo nuovo
La scuola 42 è una scuola per sviluppatori nella quale chi entra spesso non ha la minima competenza. Rebecca e Matteo costituiscono in tal senso esempi opposti che dimostrano quanto il metodo sia aperto alle possibilità di tutti, ma al contempo non tutti sanno sposarne le opportunità. Quello che conta sono interesse, metodo e approccio: ogni settimana c’è un “check” da superare e, al termine del mese di piscina, è necessario sostenere un esame mirato a valutare le competenze effettivamente acquisita durante questo particolare periodo. Soltanto chi vive al meglio la piscina e dimostra di aver fatto proprie le basi del linguaggio secondo quelli che sono i criteri espressi dalla Scuola 42, infatti, ha diritto a proseguire in questo percorso e può accedere a tutti gli effetti alla scuola. La piscina non è altro che un assaggio di questo percorso ritmato che ognuno può scandire alla propria velocità, ma nel quale nessuno può esimersi dal nutrire quella cooperazione che è essenza stessa del metodo 42.
Sebbene chi completi con successo la scuola 42 sia destinato ad un percorso professionale nel mondo dello sviluppo software, l’immagine che si offre non è certo quella del nerd solitario, introverso e un po’ asociale di cui si è nutrito l’immaginario hacker dei decenni passati. 42 vuole aprire ad un orizzonte nuovo ed opposto, dove lo sviluppo viene appreso attraverso l’interazione tra più persone che collaborano per “restare a galla” in una piscina piena di problemi da affrontare. Saranno molte le ore impegnate in questo sforzo, ma chi meglio assorbirà il privilegio della collaborazione, prima saprà raggiungere i propri obiettivi per trasformarli in dote da presentare al mercato del lavoro.
Chiunque voglia provarci non deve far altro che iscriversi alla prossima piscina e toccare con mano un nuovo modo di studiare, di capire e di imparare: le piscine sono aperte a tutti, ma non tutti sono tagliati per la piscina. Di certo è qualcosa di completamente nuovo e per molti talenti inespressi è l’occasione per far sbocciare una passione per lo sviluppo che in molti casi non era nemmeno immaginata.
Del resto nessuno impara a nuotare senza prima provare a immergersi.
In collaborazione con Scuola 42 Firenze