Roma – Partito alla fine di luglio, il File Sharing Experiment sta iniziando a snocciolare i primi dati. Informazioni di sicuro interesse non solo per chi oggi fa uso di sistemi di condivisione in rete ma anche per gli arcinemici del peer-to-peer, in primis le major della musica e del cinema.
Il progetto lanciato da Jonathan A. Zdziarski non intende costruire una statistica, quanto invece un insieme ragionato di dati basati sulle segnalazioni che sono state fornite dagli utenti P2P. Lo scopo dell’FSE è scoprire fino a che punto chi usa il P2P è deluso dai modelli distributivi tradizionali e offrire delle dritte sul modo in cui chi produce e distribuisce contenuti può sfruttare le esigenze emergenti.
In altre parole, FSE è un modo per cercare di mostrare al business dei contenuti un volto gentile dello sharing e di promuovere l’opportunità che rappresenta. Non vuole quindi “giustificare” l’uso del file sharing quanto, invece, “spiegarlo”. In un’epoca di denunce e crociate contro il peer-to-peer, lo studio FSE può senz’altro rappresentare un’apertura alla riflessione.
Le segnalazioni raccolte da FSE comprendono il nome e prezzo di prodotti che l’utente non avrebbe comprato se non li avesse prima scaricati da Internet. Questo consente di capire perché chi ha scaricato qualcosa ha poi deciso di comprarlo. Secondo Zdiarsky “se l’industria davvero sta perdendo soldi per la pirateria, la chiave del problema non è la pirateria in sé quanto l’incapacità dell’industria di ascoltare i propri consumatori. Ci sono molti che oggi compiono acquisti grazie al file sharing”.
Per quanto riguarda il download illegale di film , il rapporto afferma che la maggior parte di coloro che ha scaricato film è poi passato all’acquisto per, nell’ordine: ottenere una copia di migliore qualità, evitare scaricamenti molto lunghi, vedere facilmente il film in Tv, poter accedere ai contenuti speciali di un DVD, ha atteso l’arrivo del DVD nei negozi.
Le considerazioni su questo fenomeno comprendono il fatto che quando un utente vede un film in qualità DVD diventa meno propenso all’acquisto. Di converso, se il film è di qualità inferiore, allora averlo visto diventa una spinta all’acquisto del DVD ufficiale . Ciò che anche spinge l’acquisto è l’uscita del DVD non troppo distanziata dall’uscita del film nelle sale e l’aggiunta di numerosi contenuti extra nel disco in vendita.
Altro grande comparto di cui si è occupato FSE è lo scaricamento illegale di musica . FSE sembra indicare che chi scarica tende a scegliere e a comprare i prodotti degli artisti che mano a mano impara a conoscere via file sharing.
Per chi scarica musica via P2P le ragioni di acquisto sono, nell’ordine: ottenere una registrazione di migliore qualità, sostenere l’artista, possedere l’oggetto (il CD).
Secondo quanto riportato a FSE, gli utenti sentono vivamente il desiderio di avere il disco anche perché in pochi si accontentano della qualità spesso scarsa delle registrazioni che girano sui sistemi di scambio. Inoltre in molti sentono una “sintonia” con gli artisti che piacciono loro e sentono di volerli sostenere.
Quella che invece manca è la fiducia nelle case discografiche e così molta musica proposta dalle major viene scaricata senza fidarsi delle scelte industriali, viene considerata minore. Molti temono di comprare un CD per un bel singolo per poi scoprire che tutti gli altri brani non valgono il prezzo del prodotto. “L’industria musicale – si legge nel rapporto – ha perso la fiducia del consumatore e quindi questi ora chiede il diritto di poter esaminare approfonditamente i prodotti prima di acquistarli”. In molti, dopo gli attacchi legali delle major al P2P, si sono detti meno propensi ad acquistare musica.
In sostanza, sostiene FSE, gli appassionati di musica che usano il file sharing oggi chiedono, nell’ordine: migliore qualità della musica, possibilità di ascoltare con comodo anche a casa una approfondita preview dell’opera, avere tempo per giudicare la possibilità di un acquisto, sfruttare un modo semplice per acquistare e sostenere i musicisti.
Il download illegale di software è stato giustificato dagli utenti FSE come necessario per, nell’ordine: assicurare la compatibilità con i propri sistemi, assicurare la qualità di una versione completa del software, possibilità di visionare il software nella sua interezza (richiesta quindi di una preview completa), ottenere un software introvabile nei negozi o un programma il cui costo è troppo elevato.
Questi stessi utenti che hanno scaricato software per queste ragioni lo hanno comprato quando, nell’ordine: il rapporto qualità/prezzo era giustificato, il software era compatibile con i propri sistemi, si intendeva sostenere i produttori del software stesso, per avere l’originale, per il supporto tecnico, per l’acquisto in ambito aziendale.
Questi dati, secondo FSE, indicano che quando il software è di qualità e costa quanto viene ritenuto “giusto” allora viene comprato senza difficoltà. Viceversa non si intende pagare per software che non sia di qualità , sebbene si proceda ad acquisirlo illegalmente via P2P.
Per l’industria di settore i consigli che ne derivano sono dunque quelli di produrre versioni dimostrative dei prodotti assai complete, di consentire l’acquisto via Internet e di rivitalizzare il rapporto di fiducia con il cliente assicurando un giusto rapporto qualità/prezzo.
“Quando i consumatori non ne possono più di certi produttori – spiega Zdziarski – protesteranno in ogni modo. Se le imprese di cui si parla in questo rapporto volessero davvero avere consumatori felici di nuovo, allora dovranno adattarsi al modello di business richiesto dai consumatori. Ci sono quantità di consumatori in Internet che vogliono investire in un rapporto duraturo con artisti e produttori. Ma richiedono che ciò avvenga alle loro condizioni”. “Quando si abusa dei consumatori – conclude Zdziarski – non si fa altro che dirgli: se non ci dai i tuoi soldi, noi ce li prenderemo”.