Roma – Chi in queste ore sta riproducendo su siti web, Usenet e quant’altro i documenti provenienti dalla società americana Diebold Election Systems lo sta facendo perché ritiene sia suo diritto rendere pubbliche le vulnerabilità di un apparato tecnologico usato per il voto elettronico. Secondo Diebold, invece, la circolazione di quei materiali, comprensivi di email interne dell’azienda, è una diretta violazione di copyright.
La questione, di cui si è occupato il New York Times , suscita grande attenzione perché Diebold ha inviato numerosissime diffide a studenti e università chiedendo loro di rimuovere da tutti i siti web in cui appaiono, più di 15mila messaggi email e altri documenti che sono stati postati.
La posizione di Diebold non è però popolare tra gli studenti che ritengono di avere il diritto, anzi il dovere, di rendere pubblici i problemi del software di voto elettronico , visto che è un sistema di grande interesse pubblico. Si tratta, affermano, di una sorta di disobbedienza civile.
“Riteniamo – ha spiegato un portavoce della Diebold – di avere il diritto di proteggere tutto ciò che crediamo ci appartenga”. Il timore di Diebold, infatti, è che la pubblicazione di particolari così riservati possa agevolare grandemente la concorrenza mettendo a rischio, dunque, i propri investimenti e il proprio futuro. Fino ad oggi Diebold ha piazzato ben 33mila sistemi informatici per le cabine elettorali elettroniche, un grosso business che ora è, forse, parzialmente a rischio.
Ma come fermare un’ondata di piena che coinvolge centinaia, forse migliaia di studenti americani? La verità è che alcuni college hanno deciso di rimuovere quei documenti dalla propria rete ma appare davvero difficile impedire che le email interne, datate tra il 1999 e il 2003, che già sono finite nel mirino di giornalisti e altri operatori, possano essere “ritirate”. Difficile credere che possano bastare le denunce a fermare la circolazione di indiscrezioni così importanti e, ormai, persino “popolari”.