Roma – Spaventare gli utenti dei sistemi di file-sharing e arginare il fenomeno. Ci dev’essere questo dietro il clamoroso annuncio della RIAA, la potente associazione dei discografici americani, che da oggi intende identificare migliaia di utenti internet dediti alla condivisione di file sulle reti del peer-to-peer. Per denunciarli uno a uno.
Nel mirino dei discografici ci sono i grandi condivisori , quelli che nei network del peer-to-peer mettono a disposizione centinaia o migliaia di brani. “La legge è chiara – ha dichiarato il presidente RIAA Cary Sherman – e il messaggio a chi distribuisce quantità sostanziali di musica online dovrebbe essere altrettanto chiaro: questa attività è illegale, nessuno è anonimo quando la intraprende, e farlo può portare a serie conseguenze”.
La posizione di Sherman è quella di sempre. “Preferiremmo – ha affermato – passare il nostro tempo a fare musica piuttosto che occuparci di questioni legali nei tribunali. Ma non possiamo non far nulla mentre la pirateria devasta artisti, musicisti, autori, rivenditori e chiunque nell’industria musicale”.
La RIAA potrà avvalersi negli Stati Uniti della recente sentenza che le consente di ottenere rapidamente e direttamente dai provider internet i nomi degli utenti. E parla espressamente di migliaia di denunce per violazione al diritto d’autore che partiranno non più tardi di metà agosto. Ma sarà solo l’inizio.
Secondo RIAA, negli Stati Uniti è ormai un fatto acclarato sul piano legale che condividere musica via peer-to-peer senza l’autorizzazione degli autori è reato. “Una volta che avremo iniziato la raccolta delle prove – ha continuato Sherman – qualunque utente internet che continui ad offrire musica illegalmente a milioni di altri utenti correrà il rischio molto concreto di fronteggiare un’azione legale, una causa civile che costerà a ciascun abusivo migliaia di dollari e che lo renderà soggetto a possibili conseguenze penali “.
Il software utilizzato dalla RIAA per la raccolta dei dati, le prove , è una sorta di crawler dei network di peering, che corre al loro interno a caccia di file che appartengano nel nome e nelle caratteristiche a file considerati illegali. Quando li individua, il software prende nota di tutti i file messi a disposizione dall’utente che condivide quel file, scarica alcuni file e si segna ora e data di accesso. Questi ultimi sono i dati che verranno poi utilizzati da RIAA per chiedere ai diversi provider i nominativi degli utenti che corrispondono al numero di IP rilevato e che erano connessi ad un certa ora in un certo giorno.
Sherman ha ricordato agli utenti le innumerevoli dichiarazioni di moltissimi artisti contro la pirateria musicale (vedi anche il sito RIAA ), i danni che il peer-to-peer provoca all’industria e il fatto che online vi siano iniziative di distribuzione legale della musica a prezzi più che accessibili. Anche per questo, ha spiegato, RIAA non intende retrocedere da una dura posizione di contrasto all’abuso che viene fatto, secondo i discografici, dei sistemi di file-sharing.
Ma ecco le reazioni all’operazione annunciata dalla RIAA.
I primi a pronunciarsi sull’annuncio della RIAA sono stati i vertici della Business Software Alliance, l’associazione che raccoglie i produttori di software proprietario e che da lungo tempo combatte in tutto il mondo i fenomeni di pirateria. “Il P2P – ha spiegato BSA – è una tecnologia straordinaria, nulla dovrebbe farci perdere di vista il suo potenziale. Eppure ci sono usi illegali di questa tecnologia che richiedono azioni come la strategia annunciata oggi dalla RIAA”.
L’azione della RIAA, secondo alcuni osservatori, deve essere condotta con estrema attenzione perché potrebbe portare ad una vera e propria rivolta degli utenti del peer-to-peer che sono, in moltissimi casi, anche acquirenti di musica.
Ma secondo altri, come Fred von Lohmann dell’associazione che difende le libertà digitali, la Electronic Frontier Foundation , l’azione della RIAA è destinata a fallire. “Non credo – ha affermato – che queste denunce potranno fermare il file sharing”. La sua previsione è quella della nascita o dell’accelerazione nello sviluppo di tecnologie che renderanno sempre più difficile identificare chi condivide cosa e chi scarica, dove e quando. “Davvero non ha precedenti – ha insistito von Lohmann – che uno si metta a denunciare i suoi migliori clienti. E’ ormai ovvio che i dinosauri dell’industria discografica hanno completamente perso il senso della realtà”.
“In un momento in cui ci sono più americani che usano i software di file-sharing di quanti non abbiano votato per il presidente Bush – ha sottolineato l’esponente della EFF – denunciarli tutti semplicemente non è la risposta giusta. E’ ora di pagare gli artisti e rendere legale il file-sharing. La EFF chiede al Congresso di ospitare immediatamente delle audizioni sulle alternative alla campagna della RIAA contro il popolo americano”.
Dal sito che organizza da lungo tempo il boicottaggio dei discografici della RIAA alcuni utenti si stanno preparando, letteralmente, alla battaglia che si annuncia aspra. “Falli venire – ha sparato tal Feisar – ho quattro grossi cani, un fucile, i gruppi di continuità e i generatori e persino la Costituzione appesa al muro. Li sfido a venire qui a presentarmi delle carte. Si sveglieranno con i loro conti bancari azzerati”.