Roma – Sono partite all’indirizzo dei provider americani numerose lettere di richiesta formale (“subpoena”) destinate probabilmente a rimanere nella storia. Sono infatti le lettere con cui la Recording Industry Association of America, RIAA, apre ufficialmente le danze del pernicioso giochino che ha annunciato un paio di settimane fa .
Le lettere, infatti, inviate a molti dei principali provider americani, contengono la richiesta di consegnare nelle mani dei discografici i nominativi di centinaia di utenti dei sistemi di file sharing. I provider dovranno quindi associare i numeri IP forniti loro dalla RIAA, ravanare nei propri log e scoprire quegli IP a quali dei propri abbonati corrispondono.
Queste subpoena non sono però che la prima parte di un procedimento giudiziario che prenderà diversi mesi. Nelle prossime settimane, infatti, dopo aver ottenuto i nomi di centinaia di utenti Internet, i discografici della RIAA faranno partire altrettante cause giudiziarie con richieste di danni. Se le cose vanno come è stato annunciato, per ogni brano condiviso illegalmente, RIAA potrebbe chiedere agli utenti fino a 150mila dollari di danni.
Non saranno i provider a salvare gli utenti. Gli ISP americani hanno tentato in questi anni di fare da schermo ad una iniziativa di questo tipo, un po’ per non perdere il rapporto di fiducia con i propri clienti un po’ per non doversi assumere oneri non dovuti per conto dei detentori del diritto d’autore. Ma hanno perso. Dopo molti mesi di battaglie legali, infatti, nelle scorse settimane RIAA ha ottenuto uno storico successo, quando un giudice ha confermato che il provider Verizon è tenuto a consegnare i nomi dei propri utenti ai discografici quando questi glieli chiedano. Una sentenza che conferma la possibilità, per chi detiene diritti d’autore, di richiedere questi nominativi ai provider senza dover passare per un ordine della magistratura, quando si ritenga che gli utenti abbiano violato il diritto d’autore stesso. Si tratta di una norma contenuta nel Digital Millennium Copyright Act (DMCA), che regola il diritto d’autore e il copyright nell’era digitale negli Stati Uniti.
Sull’invio delle lettere, che RIAA spera possano spaventare gli utenti dei sistemi peer-to-peer, dalla RIAA stessa è giunto soltanto un laconico commento: “Questa operazione non dovrebbe giungere come una sorpresa per nessuno. Richiedere quelle informazioni è esattamente quanto abbiamo detto che avremmo fatto un paio di settimane fa quando abbiamo annunciato che stavamo raccogliendo prove per sporgere denunce”.
Per i provider ha parlato in queste ore, finora, solo un portavoce di Earthlink, un ISP che già nelle scorse settimane aveva ricevuto tre richieste di consegna di nominativi. “E’ nostra intenzione – ha spiegato il portavoce – fare quanto ci verrà chiesto, sulla base della sentenza (Verizon, ndr.). Non siamo d’accordo con il metodo che viene utilizzato e se pure sosteniamo il loro diritto a far rispettare il diritto d’autore, pure riteniamo che questo sia il metodo sbagliato per farlo”. “I provider – ha ancora affermato il portavoce – chiedono con forza alla RIAA e agli altri detentori di diritto d’autore di trovare un modo meno invasivo per proteggere le proprie proprietà intellettuali”.