L’ennesimo, importante avanzamento nello sviluppo dei Micro Air Vehicle di domani arriva dall’Università di Harvard, dove un drone delle dimensioni di una mosca ha acquisito la capacità di volare . Un risultato che già da solo ha del prodigioso, smentendo nei fatti lo scetticismo di tanti, ma che è soltanto il coperchio, promettono i ricercatori, di un vaso di Pandora tecnologico che potrebbe in futuro trasformare in realtà i nuovi campi di battaglia intelligenti, prospettiva su cui militari di tutto il mondo favoleggiano da anni.
Dal peso di soli 60 milligrammi, il microrobot presenta un’apertura alare di 3 centimetri e i movimenti modellati su quelli di una vera mosca. “La natura crea i migliori insetti volanti del mondo” sostiene il leader del progetto robo-mosca di Harvard, Robert Wood, indi per cui risulta naturale tentare di replicarne il lavoro con gli aggeggi artificiali.
Il team di Wood, finanziato dall’agenzia militare DARPA , ha dovuto prima di tutto affrontare i problemi costruttivi che un robot delle dimensioni di un insetto pone: “Riducendo semplicemente le tecniche impiegate in macro-scala non si arriverà mai al tipo di performance che ci occorre” dice Wood a riguardo.
Per realizzare il motore, le ali, le giunture e i micromeccanismi del mini-drone si è pensato dunque di partire dai meccanismi di produzione dei sistemi microelettromeccanici, i MEMS . Anche in questo caso però c’erano delle controindicazioni, essendo i processi di creazione dei MEMS troppo dispendiosi in termini di tempo e denaro, cosa che mal si applica alla necessità di generare velocemente diverse versioni dei droni.
Wood e i suoi colleghi sono infine giunti allo sviluppo di un processo del tutto nuovo , che ha impiegato “tagliatori laser microscopici”, grazie ai quali hanno potuto cesellare le forme in polimero e fibra di carbonio incidendo su pattern bidimensionali accurati a livello di micron. Tali forme sono poi diventate le parti funzionali della mosca bionica.
I polimeri incorporano composti in grado di azionarsi con l’energia elettrica, che cambiano forma quando attraversati dal voltaggio della suddetta. Un procedimento costruttivo molto complesso, che viene trattato in maniera esaustiva nel numero agostano del magazine Journal of Mechanical Design .
La complessità della prova che hanno affrontato gli scienziati si è dipanata nel corso di 7 anni, al termine dei quali è arrivato il breakthrough fondamentale, il volo reale della mosca costruita a mano. Una “prima volta” appunto, accolta con stupore nella comunità dei ricercatori coinvolti sugli studi dei microrobot, perché un drone è riuscito finalmente a volare mimando in toto i meccanismi della sua forma naturale ispiratrice.
Raggiunta la capacità di volare – che è possibile osservare nel breve video allegato – le sfide che rimangono da affrontare per realizzare una microspia mobile e intelligente, capace di lavorare in ambiti appunto di spionaggio ma anche come misura preventiva di attacchi terroristici basati su sostanze chimiche pericolose, sono ancora tante.
La prima è una mobilità davvero completa: fino ad ora il drone-mosca è capace di andare soltanto all’insù, e i ricercatori sono attualmente al lavoro su un meccanismo di controllo in grado di farlo volare in tutte le direzioni. L’altra grande sfida è una risorsa energetica integrata nel robot , che gli dia sufficiente autonomia e lo liberi dalla necessità di una fonte energetica esterna. Allo stato attuale delle ricerche, una batteria al litio-polimeri farebbe volare la mosca per meno di cinque minuti.
Inoltre si sta pensando allo sviluppo di sensori di svariato tipo, anche chimico, e ad un software intelligente che permetta al drone di evitare gli ostacoli che incontra durante il tragitto. Tanto lavoro da fare ancora, ma il primo passo entusiasma Wood e il suo team: “Una cosa davvero grossa”, sostiene, “Molte persone pensavano che non sarebbe mai stata davvero in grado di alzarsi in aria”.
Alfonso Maruccia