Un film già visto, è proprio il caso di dirlo: le tensioni politiche tra blocco orientale e occidentale si sono riaccese dopo che la crisi in Ucraina sono esplose con il referendum che ha traghettato la Crimea nell’area di influenza della Russia, e gli Stati Uniti che sostengono il governo di Kiev che si oppone alla scissione. Tutto questo ha risvolti inaspettati nello spazio : dal Cremlino fanno sapere che non intendono rinnovare l’impegno per la Stazione Spaziale oltre il 2020, e che le stazioni di terra del sistema GPS sul suolo russo potrebbero venire disattivate già dal prossimo giugno . Gli attriti complicano la vita soprattutto agli Stati Uniti, che al momento non hanno pronto alcun velivolo adatto al trasporto umano in orbita.
La polemica tra Russia e USA, come detto, ha un retrogusto conosciuto: da una parte c’è il vice-primo ministro di Mosca, Dmitry Rogozin, che fa la voce grossa e sottolinea come siano i suoi attuali avversari politici ad avere bisogno dell’aiuto “sovietico” più di quanto non sia vero il viceversa. Per andare sulla ISS servono le Soyuz, per mettere in orbita i satelliti militari gli USA comprano razzi vettori da aziende russe con i quali poi equipaggiano il lanciatore Atlas V. Senza le stazioni di misurazione di terra dislocate sul territorio russo, inoltre, il sistema di geolocalizzazione made in USA subirebbe alcuni contraccolpi sotto il profilo dell’efficienza.
Le questioni, tuttavia, non viaggiano tutte parallele: ISS e vettori di lancio si incrociano con la crisi politica ucraina, visto che gli Stati Uniti hanno imposto alcune sanzioni economiche (a cui si è anche appellata , con poco successo, SpaceX per acquisire maggiore importanza nei programmi militari a stelle e strisce) che di fatto dovrebbero impedire l’acquisto di razzi RD-180 e NK-33 che vengono comunemente impiegati per scopi civili e militari dagli USA. Visto che le stesse sanzioni impediscono alla Russia di approvvigionarsi di alcuni componenti elettronici avanzati indispensabili all’industria nazionale, ora il Cremlino decide di ritorcere contro Washington l’arma dell’embargo: niente più vendite di razzi per scopi militari, solo l’utilizzo civile sarà consentito .
@fka_roscosmos doesn't plan to continue cooperation with the US on the ISS after 2020
— Dmitry Rogozin (@DRogozin) May 13, 2014
In più, secondo Rogozin il modulo russo della Stazione Spaziale Internazionale sarebbe in grado di operare anche senza l’ausilio delle componenti del modulo statunitense. Se, come anticipato, la collaborazione tra i due paesi fosse interrotta nel 2020 (e non prolungata fino al 2024 come si augura l’amministrazione USA) a rimetterci sarebbero soprattutto la NASA e gli altri enti occidentali coinvolti nel programma: al momento non ci sono lanciatori con capacità di trasporto umano disponibili negli hangar NASA o ESA, e l’unico strumento adatto a trasportare astronauti in orbita resta la Soyuz russa (o l’equivalente cinese che porta nello spazio i taikonauti). Proprio con la Cina, inoltre, il Governo russo lascia intendere che potrebbe esserci in via di definizione un programma spaziale in cooperazione .
On May 19th on the eve of Russia-China Summit we'll discuss prospective projects of our bilateral (cont) http://t.co/mxeO3XQwqW
— Dmitry Rogozin (@DRogozin) May 13, 2014
Per il GPS, il Global Positioning System sviluppato dapprima per scopi militari e poi reso disponibile anche ai civili dagli Stati Uniti, la questione è differente : la Russia sta provando da tempo a mettere in piedi un proprio sistema analogo, GLONASS, che negli ultimi anni ha fatto notevoli passi avanti. Al servizio manca al momento un certo numero di stazioni di misurazione terresti, utili a completare e rendere più efficiente la costellazione di satelliti: le trattative per realizzare alcuni siti sul suolo americano sono naufragate , e come forma di ritorsione la Russia minaccia di staccare la spina (letteralmente) alla dozzina di stazioni analoghe che invece il GPS ha installato sul suolo russo.
I motivi dietro l’apparente ritrosia degli USA nel concedere ospitalità alle stazioni GLONASS possono essere diversi: c’è senz’altro un motivo competitivo, con gli Stati Uniti che cercano di attuare un blando protezionismo della propria industria e tecnologia incarnata dal GPS, ma ci potrebbero anche essere sospetti e timori per un’eventuale secondo fine dei russi nel volere a tutti i costi installare apparecchi potenzialmente utili anche a scopi militari. Sia come sia, la situazione ha raggiunto un seccante stallo che impedisce al momento di guardare con ottimismo al prosieguo delle attività dei programmi spaziali congiunti: parlare di nuova Guerra Fredda forse è prematuro , di sicuro la competizione sul piano politico ha riacceso uno scontro che per parecchi decenni lo spazio aveva fortunatamente (almeno in apparenza) potuto ignorare.
Luca Annunziata