Una nuova tecnologia in grado di diminuire fino al 50 per cento il consumo di energia richiesto per raffreddare gli ormai pachidermici data center: è quanto promette Stephen Fried, CTO di Microway , che si appoggia alle sue conoscenze tecniche di ingegneria aerospaziale .
Il miraggio di abbattere drasticamente i consumi ha già attirato l’attenzione di operatori ed imprenditori : Stephen per il momento resta abbottonato sui dettagli, ma ha rivelato che l’ ammoniaca sarà della partita insieme al raffreddamento a liquido .
In ogni caso la sostanza chimica, almeno secondo lui, non potrà in alcun modo danneggiare i componenti dei computer: “Si sente solo cattivo odore in caso di perdita”, ha detto ad InformationWeek . E l’odore non sarebbe neppure un difetto, visto che servirebbe come campanello d’allarme per gli amministratori di sistema.
Ex ricercatore nel campo della difesa, Fried è oggi a capo di una azienda che produce server di fascia alta ed apparati per la connettività a banda larghissima. Si tratta dunque di un esperto nel settore della computazione su larga scala: l’annuncio precede di qualche giorno una conferenza che terrà durante il simposio della Securities Industry and Financial Markets Association , che si tiene a New York questa settimana.
Se il nuovo sistema dovesse (ri)guadagnare popolarità, sarebbe un bel colpo per l’azienda di Fried. L’imprenditore, d’altra parte, si limita a cavalcare l’onda della nuova moda dei data center: dopo la rincorsa alla realizzazione di strutture sempre più imponenti, ora la preoccupazione apparente delle aziende è tutta per l’ambiente e i consumi . Le guide ed i vademecum per diminuire i consumi continuano ad aumentare: dopo quella in cinque passi, ecco arrivare quella che promette di risolvere tutti i problemi in “sette step”.
Secondo una ricerca , dal 2000 al 2005 la bolletta energetica dei centri di calcolo si è più che raddoppiata : solo negli USA le aziende devono staccare assegni per un totale di quasi 3 miliardi di dollari ogni anno, una cifra che si raddoppia ancora sommando i costi di tutto il resto del globo. I data center statunitensi consumano da soli l’ equivalente di energia prodotta da 5 centrali nucleari .
Ben il 40% di questa energia, a sentire Fried, finirebbe unicamente nel raffreddamento delle macchine . Il suo nuovo sistema permetterebbe invece un approccio modulare e scalabile, senza contare la possibilità di impiegare CPU che scaldino come forni a microonde senza che però fondano i server. Il costo previsto, una volta entrata a regime la produzione industriale, potrebbe aggirarsi sui 37 euro per CPU .
Luca Annunziata