Negli ultimi mesi la polizia cinese ha arrestato 15mila persone sospettate di cybercrimini .
A riferirlo è direttamente il ministro della Pubblica Sicurezza di Pechino che parla di 7.400 investigazioni per reati informatici tra cui hacking, frodi online e vendita di informazioni personali : il tutto è frutto dell’operazione speciale “Pulire Internet” lanciata a luglio, ma anche di indagini avviate lo scorso dicembre.
Secondo quanto riferiscono le autorità si tratterebbe di crimini che minavano la sicurezza online e tra le vittime dei reati interessati vi sarebbero privati cittadini, ma anche aziende, banche ed agenzie governative, per un totale – vittime e colpevoli – di 66mila siti internet coinvolti.
Per gli osservatori, ed in particolare quelli occidentali, più che un’operazione di sicurezza vera e proprio si tratta tuttavia di operazioni effettuate per mostrare i muscoli di Pechino, interessata a trattare la Rete come un’emanazione del proprio territorio. D’altra parte oltre alle frodi ed ai reati legati al cracking ed al furto di informazioni, tra gli arrestati vi è anche un uomo che ha esagerato online la conta delle vittime conseguenti ad un’esplosione avvenuta la scorsa settimana nel porto della città di Tianjin, una donna che affermava falsamente che suo padre era rimasto ucciso nell’incidente, nonché netizen colpevoli di aver caricato online contenuti relativi al gioco d’azzardo in rete.
Inoltre, secondo alcune fonti nelle maglie delle indagini delle autorità sarebbero finiti anche cittadini colpevoli di reati di opinione . Nonostante ciò per il momento nella lista dei 15mila arrestati non risultano sulla stampa internazionale casi simili.
Claudio Tamburrino