Condannati dal tribunale a stare lontani dalle loro vittime, i persecutori hanno trasferito la loro nefasta azione sulle tecnologie di comunicazione virtuali, continuando a commettere i crimini per cui sono già stati giudicati . È l’allarme lanciato da NetSafe , Internet Safety Group della Nuova Zelanda.
L’abuso, da fisico è diventato prettamente psicologico, avverte il manager delle comunicazioni del gruppo Rachel Harrison. “Non è la forma di abuso testuale più comune – sostiene Harrison – ma è persistente”. La sua società ha spesso a che fare con le vittime di questi bombardamenti a base di messaggi intimidatori, che finiscono per incidere sulla vita delle vittime alla stessa maniera di quanto avviene con le intimidazioni fisiche .
SMS e email minacciose sono le modalità di persecuzione preferite dai nuovi criminali tecnologici che, una volta limitati nel loro agire dalla ingiunzione di un giudice, non si danno affatto per vinti e continuano a disturbare le povere vittime come se nulla fosse, aggirando le restrizioni loro imposte.
Harrison dice che la polizia locale è pienamente a conoscenza del problema, e ha a disposizione le procedure adeguate per fronteggiarlo: “Mentre la polizia si muove, la società di telecomunicazione può inviare un avviso al persecutore per farlo smettere” dichiara il rappresentante di NetSafe.
Pone l’accento sui crescenti abusi a mezzo della tecnologia anche Christchurch Womens Refuge , gruppo neozelandese che si batte per ridurre le violenze domestiche. Annette Gillespie, segretaria del gruppo, sottolinea come l’abuso attraverso Internet e i cellulari sia diventato un problema ancora più difficile da affrontare per quelle donne che vogliano difendersi da uomini violenti.
“È un modo estremamente invasivo per arrivare alle donne a cui non sono in grado di accedere fisicamente” dice Gillespie, sottolineando come questo tipo di persecuzione rappresenti “una forma di abuso psicologico che può essere adoperata per creare un grado pesante di paura e terrore”.
Non bastassero le minacce, c’è poi la tendenza da parte dei criminali a bloccare o controllare l’accesso delle vittime al PC o al cellulare , la qual cosa aggrava ulteriormente il problema. Che potrebbe tra l’altro coinvolgere in misura maggiore anche i ragazzi, utilizzatori naturali delle tecnologie di comunicazione più delle madri.
“Spesso le persone dicono che è soltanto un messaggio; ma quando sei già spaventato, il persecutore sa bene cosa dire per spaventarti ancora di più, la qual cosa diventa ancora più allarmante” dice Pegeen ÒRourke di Christchurch Family Violence Safety Team . ÒRourke invita le vittime a rivolgersi alle associazioni contro le violenze domestiche, a denunciare il tutto alla polizia e soprattutto a non arrendersi alle intimidazioni come vorrebbero i loro persecutori.
Alfonso Maruccia