L’ICT sta cambiando il mondo. Non serviva certo la conferenza UNCTAD delle Nazioni Unite per saperlo, ma il rapporto appena presentato proprio da UNCTAD documenta con fatti e numeri quello che sta accadendo. A partire dall’Asia, dove Cina e India stanno vivendo anche grazie alla tecnologia un rinascimento economico foriero persino di nuovi diritti e nuove speranze per la popolazione, per arrivare all’Occidente, dove dallo sboom del 2001 ci si è ripresi completamente, al punto da rischiare altre spirali recessive.
L’ Information Economy Report 2007-2008 racconta anche dei paesi spesso esclusi dalle analisi che girano sulla stampa mainstream: si parla dell’Egitto, del Marocco e del Ghana, dove politiche governative accorte in materia tecnologica hanno spinto ad una espansione del mercato ICT, alla nascita di nuove imprese e allo sviluppo dell’occupazione. UNCTAD non si occupa in modo specifico dei diritti civili, che in alcuni di questi paesi, come in altri, sono considerati pericolosi , ma cerca ugualmente di tracciare un quadro realistico della situazione.
Un quadro dal quale emerge con evidenza la crescita delle esportazioni di tecnologia dal mondo meno sviluppato , un termometro efficace della velocità con cui tutto si sta muovendo: “L’impressionante crescita economica di alcune grandi nazioni in via di sviluppo come la Cina, l’India e il Messico – scrivono gli esperti ONU – sta avendo un impatto significativo sulla performance del settore ICT in altri paesi del Sud del Mondo”.
È una catena di cambiamenti , dove all’emergere di nuove potenze dell’economia e della tecnologia corrispondono nuovi equilibri , dove cresce esponenzialmente lo scambio commerciale tecnologico tra i paesi del Sud del Mondo, al punto che ha assunto un valore di 410 miliardi di dollari. Ossia solo 40 miliardi di dollari meno dello scambio commerciale tra i paesi del Nord del Mondo, quelli tradizionalmente considerati ricchi. La polpa si sta spostando a sud ed è una transizione che continuerà secondo le previsioni degli esperti.
A muoversi più rapidamente di ogni altro sono i servizi dell’informazione e il settore dei computer, dove le esportazioni sono salite più rapidamente di qualsiasi altro nel decennio 1995-2004, ed è anche qui una chiave per comprendere lo shift nell’economia ICT mondiale: in questi settori nel 1995 solo il 4 per cento delle esportazioni era ascrivibile a paesi in via di sviluppo, oggi siamo a quota 28 per cento. Già nel 2005 le esportazioni tecnologiche dei paesi in via di sviluppo avevano raggiunto il livello dell’export informatico dei paesi ricchi registrato nel 1998. Come a dire che il baratro si sta riducendo e in pochi anni gli esperti si attendono non solo un pareggio ma persino che l’India guidi il mondo nel settore dei servizi informatici.
Nel 2004, spiega il rapporto, la Cina ha superato gli USA quale maggior esportatore di beni tecnologici. Nel 2006, il valore delle esportazioni di software dell’India da solo superava il valore degli investimenti stranieri nel paese. Grazie all’ICT, la quota di servizi sull’export complessivo dell’India è cresciuta dal 18 per cento del 1995 al 37 per cento del 2006. Tutto questo però non significa che il digital divide si sia granché ridotto. Ci sono dei miglioramenti, principalmente nella disponibilità di linee di telefonia mobile, che si stanno rivelando essenziali non solo per lo sviluppo delle attività economiche e commerciali (m-commerce) ma anche per dar vita a nuove strutture di gestione dell’impresa: anche nelle economie meno sviluppate già da tempo il telefonino ha iniziato a fare la differenza . Rimangono molte zone d’ombra come nell’Africa rurale, dove l’accesso universale al telefonino “rimane una sfida a causa dell’assenza di canali di distribuzione commerciale. Quando la povertà è alle stelle – si legge nel rapporto – può rendere anche i telefonini più economici comunque troppo costosi, e bassi livelli di educazione possono rendere l’uso del telefonino molto difficile”.
Ma è anche l’assenza di servizi Internet a rendere assai difficoltosa la crescita economica che pure le tecnologie potrebbero consentire.
Nel 2002, ad esempio, la disponibilità di accessi ad Internet nel mondo sviluppato era superiore di 10 volte rispetto a quella del mondo in via di sviluppo. La buona notizia è che nel 2006 questo divario si era ridotto a “sole” 6 volte.
Il Rapporto nota come in tanti paesi, vengono citate ad esempio Croazia e Bielorussia, le fasi di transizione, anche politiche, non ostacolino un certo dinamismo proprio sul fronte della diffusione di Internet, e di come ci sia un diffuso fermento per espandere l’uso della rete attraverso non solo nuove infrastrutture ma anche formazione, ritocchi al mercato per aumentare la concorrenza, nuovi investimenti nel settore ICT.
La brutta notizia riguarda proprio la banda larga : tra il 2002 ed oggi il gap tra mondo ricco e mondo in via di sviluppo è aumentato, il che si deve con ogni probabilità alla presa di coscienza del mondo più avanzato tecnologicamente degli enormi benefici del broad band collegati peraltro a capacità di investimento infrastrutturale assai più elevate rispetto ai “competitor” meno ricchi. Un gap, dunque, che difficilmente potrà restringersi ancora per diversi anni.
Tra gli sforzi di UNCTAD, non a caso, c’è anche quello di illustrare quanto i paesi in via di sviluppo possano beneficiare da un utilizzo diffuso delle tecnologie in primo luogo nelle aziende. Delle analisi sono state condotte a questo proposito, tracciando un parallelo tra la diffusione di computer e la produttività aziendale . Ed è verificata l’ipotesi – dicono i ricercatori – “che le imprese nel mondo in via di sviluppo possano beneficiare quanto quelle del mondo sviluppato dall’uso delle tecnologie”.
In conclusione, spiegano gli esperti UNCTAD, molto è stato fatto per aggredire il digital divide, molti paesi meno ricchi hanno iniziato ad abbracciare l’ICT, spesso accompagnandolo con politiche mirate ed attente, capaci di rivitalizzare economie in difficoltà. Ma sono ancora tanti, tantissimi, i paesi in difficoltà, per i quali il manifestarsi del volano tecnologico rimane un miraggio . Paesi che il mondo ricco spesso sceglie di ignorare.