C’erano una volta due entità istituzionalizzate, ognuna delle quali consacrata da riti, tempi e costumi utili a sigillarne forma e sostanza: la scrittura e la lettura. Ma erano quelli secoli in cui né una dimensione, né l’altra, erano pienamente possedute da chiunque: era l’istruzione, anzi, a regalare la piena emancipazione a fronte di un accesso alla conoscenza che era merce tanto rara quanto ambita. Oggi che la conoscenza è venduta un tanto al chilo, quanto non venduta al mercato dell’all-you-can-eat, e venuti meno i paradigmi che rendevano sacrale l’atto della scrittura e quello della lettura, il tutto è diventato una grande terra di mezzo nella quale, non certo a caso, si assiste ad un continuo proliferare di FAQ.
Il tempo delle FAQ
Non c’è servizio online che non nasca con proprie Frequently Asked Question. Non c’è app che non venga distribuita con le proprie FAQ. Non c’è DPCM che non necessiti di successive FAQ. Del resto anche il Cashback di Stato ha avuto immediato bisogno di proprie FAQ, così ne ha bisogno l’app IO, così come prima c’era con Immuni.
Non è solo un meme: è la realtà. Il proliferare delle FAQ è qualcosa di nuovo più che altro nella dimensione, come se improvvisamente fossero diventate parte del codice linguistico in uso presso aziende e pubbliche amministrazioni. Senza FAQ non c’è completezza, per certi versi, né si arriva ad assolvere appieno alle finalità che ci si prepone. Ma perché le FAQ sono così diffuse?
Avanziamo alcune ipotesi, lasciando ai commenti ulteriori eventuali riflessioni sul perché non se ne possa più fare di fatto a meno:
- perché la scrittura non è più “quella di una volta”. Non si tratta soltanto di vuota nostalgia, né di voler rivendicare una priorità del passato sul presente: semplicemente, il modo di intendere la scrittura è cambiato, spostando il baricentro verso i paradigmi dell’oralità. L’idea che “scripta manent” è meno veritiero di un tempo, soprattutto perché i tempi sono molto più rapidi e le modalità molto di più semplici. Anche la divulgazione lo è, peraltro frastagliandosi in mille rivoli spesso di difficile ricostruzione e controllo. La scrittura tende ad essere quindi oggi più rapida e strutturata, senza approfondimenti che non riuscirebbero in ogni caso a catturare l’attenzione
- perché la lettura non è più “quella di una volta”. L’esercizio stesso alla lettura è mutato, portando oggi ad avere un approccio molto più frugale con la parola scritta. Appare ormai conclamata la tendenziale incapacità (o almeno difficoltà) da parte delle nuove generazioni a mantenere la concentrazione su testi di lunghezza superiore, mentre è maggiore la capacità di soffermarsi su testi brevi, elenchi puntati, titoli ed in generale testi molto strutturati. L’organizzazione in pagina sopperisce ad una carenza recettiva nella comprensione del testo. Mera questione di abitudine e di efficienza: il testo lungo è stato sostituito da elenchi meno argomentati, così come il libro è stato sostituito dai social network. Non è cambiata la voglia di emozioni e informazioni, ma ne è profondamente mutato il consumo. Si tende pertanto a leggere in modo più superficiale, con maggior difficoltà a cercare le informazioni poiché ci si aspetta che le informazioni stesse balzino all’occhio.
- perché la divulgazione non è più “quella di una volta”. Se una volta i costi del supporto e del trasporto delle informazioni era estremamente alto, oggi questo costo è diventato praticamente nullo, decretando così un cambiamento radicale tale per cui non c’è problema alcuno nel moltiplicare pagine e ridondanze. Anzi.
- perché l’ipertesto ha sostituito il testo così come la logica dei link ha sostituito quella della linearità del racconto e dell’argomentazione. Se è vero che la nostra intelligenza è formattata sui testi attraverso cui si forma, è altresì ovvio che le forme attraverso cui il sapere si manifesta trovano medesima espressione.
- perché le dinamiche odierne, tanto sul mercato quanto nel rapporto tra Stato e cittadino, tendono ad essere disintermediate: avvicinando le parti, si tende ad avere testi più semplici e diretti, autoesplicativi, così che non sia richiesta una entità mediana (con tutti i costi connessi) che possa tradurre tecnicismi e burocratese per arrivare direttamente alla piena comprensione. Il testo tende a semplificarsi, quindi, lasciando spazio a non-detti che debbono giocoforza trovare applicazioni in FAQ di grande utilità per “esplodere” i casi singoli, i casi particolari, le eccezioni e tutto quanto possa rendere pienamente completa l’informazione. Questo anche per una utilità ulteriore: maggiore è la completezza nelle FAQ (con tanto di indicizzazione sui motori di ricerca, aspetto che non guasta di certo), minore è il servizio di assistenza diretto che occorre fornire (altro aspetto che non guasta di certo). Sotto questo punto di vista la FAQ diventa dunque anche un servizio di comodo, che crea valore attraverso un’argomentazione che può essere data in pasto all’unico vero mediatore rimasto con ruolo da protagonista: il motore di ricerca.
Le FAQ diventano pertanto una sorta di riempimento dei buchi lasciati tra le maglie di una argomentazione fatta di elenchi puntati e brevi abstract. Nelle FAQ c’è quella completezza (non lineare) che manca alla lettura e quella precisione (argomentativa) che manca alla scrittura. Le FAQ sono la dimensione di completamento che nel codice linguistico odierno si fanno fondamentali per riempire quella terra di mezzo tra chi dice e chi ascolta, chi scrive e chi legge, chi legifera e chi è legiferato, chi vende e chi acquista.
Non possiamo più fare a meno delle FAQ. Possiamo rieducare la scrittura e la lettura (azioni consigliate per i più giovani, poiché essenziali per la formazione del pensiero e del ragionamento, così come per l’apprendimento), ma non è pensabile – né utile – tornare a “quelle di una volta”. Fa parte della nostra evoluzione e ancora non possiamo immaginare quale sarà il prossimo stadio: possiamo soltanto cercare di massimizzare le nostre capacità di sviluppo della ragione attraverso una quanto più efficace comunicazione.
Tutto il resto è FAQ.