La Terra online: fine di un sogno

La Terra online: fine di un sogno

di Marina Mirri. Il progetto Terraserver riduce le proprie ambizioni e diventa a pagamento. Ci è stato tolto dalle mani uno strumento che avrebbe cambiato per sempre il modo in cui ciascuno di noi guarda il Pianeta, o dentro di sé
di Marina Mirri. Il progetto Terraserver riduce le proprie ambizioni e diventa a pagamento. Ci è stato tolto dalle mani uno strumento che avrebbe cambiato per sempre il modo in cui ciascuno di noi guarda il Pianeta, o dentro di sé


Roma – Perdonerete l’ accenno personale di una navigatrice del web ma fra notizie di tracolli economici di portali grandi e piccoli e di altre operazioni Internet, in Italia come altrove, oggi ho scoperto, che il progetto Terraserver è finito. La grande iconografia web del globo, fotografato dai satelliti e sponsorizzata da Microsoft, avrebbe dovuto completarsi nel giro di qualche anno fornendo a tutti gli utenti della rete Internet la possibilità di osservare ogni angolo del pianeta attraverso l’occhio indiscreto delle fotografie orbitarie. E invece non se ne farà più nulla.

Si trattava di uno sforzo faraonico e costoso, reso possibile solo dallo spirito filantropico (e dai denari) di Bill Gates, ormai unico proprietario – sembrerebbe – di quell’atteggiamento americano e positivo di mecenate dell’era digitale. Nessun altro avrebbe potuto tentare tanto, rendendo disponibili ingrandimenti del pianeta fino a risoluzioni di qualche decina di metri (tanto da poter osservare i fiumi, le case e i ponti) per chiunque volesse vederli. Attraverso Terraserver, si guardava la Terra come da una navicella spaziale e nelle intenzioni originali si sarebbe dovuto poterla guardare tutta, in qualsiasi momento e da qualunque computer collegato alla rete Internet.

Non so quanti di voi abbiano osservato il proprio mondo attraverso il database di immagini satellitari di Microsoft, chi abbia perso tempo per individuare il minuscolo sfuocato rettangolino grigio della propria casa (magari, come è accaduto a me, fotografata da uno sputnik russo 35 anni fa quando qua intorno tutto era ancora campagna e strade appena accennate) o chi, semplicemente, abbia scelto un punto a caso del pianeta per scrutarlo da vicino, attraverso quel potente ed enorme binocolo che solo Bill Gates poteva pensare di metterci in mano. Dentro Terraserver, nella sua idea di servizio universale folle e democratico c’era tutta Internet: certo non quella che oggi si dimena fra finta gratuità, capitalizzazioni azionarie o altre amenità e nemmeno quella dei tanti che teorizzano una rete dove il payperclick regni finalmente sovrano. Eppure,, oggi, sulle pagine di Terraserver si legge come in molti altri siti web “Due to the changing internet market TerraServer.com has partialy become a subscription based site…”

La differenza con altri siti web scivolati in genere dalla gratuità al fallimento è che Terraserver era assai di più di una impresa Internet: era un esempio di come la tecnologia possa talvolta farsi poesia, aprendo spazi di pensiero nuovi e inaspettati. Per questa ragione forse avrebbe meritato qualche tutela in più. Com’è il mondo attorno a noi? Chi lo abita? Oppure come era la mia città, fotografata di nascosto da una palla di acciaio in invisibile orbita sulla mia testa di bambina 30 anni fa? E perché nessuno mi ha mai detto nulla di Irbil , piccola città persiana (mi piacerebbe andarci, un giorno) famosa ai tempi di Alessandro il Grande che oggi, fotografata dalla stratosfera e caricata su Terraserver sembra circondata da un enorme cerchio scuro a causa delle macerie su cui è edificata? E quante altre Irbil non ho visto né conosciuto che Terraserver avrebbe potuto svelarmi?

Oggi dopo 18 mesi dalla sua apertura, Terraserver come l’avevo conosciuto non esiste più, sostituito da una versione “pro” (cartografia a pagamento per aziende curata da Aerial Images inc. ) e da una versione “micro”, in parte implementata dentro l’enciclopedia MS Encarta comprendente riprese satellitari “solo” del territorio americano e in parte mantenuta “free” ma resa sapientemente parziale e di difficile consultazione per il pubblico non pagante.

Il grande bellissimo progetto dell’occhio sul mondo intero è finito, spenta la sua poesia, azzerata la curiosità di chi, navigando di notte dal computer di casa propria, poteva osservare ad ingrandimenti progressivi la palla sulla quale tutti viviamo nella sua magnificenza. Senza doversi necessariamente soffermare sui grattacieli di Manhattan, sull’ovale di Place de la Concorde o sulle misteriose piste aeroportuali di Area 51 ma potendo, per una volta, seguire istinto casualità o personalissime sintonie nella piccola scommessa quotidiana di chi vuole comprendere un po’ di più il mondo che lo circonda.

Marina Mirri

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Pubblicato il
7 set 2001
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