C’è un vecchio detto che da tempo si è affrancato dai bassifondi per divenire il leit-motiv di numerose iniziative industriali del Belpaese, così come di certe manovre politiche di alto bordo, quello secondo cui “se la legge c’è , c’è anche un modo per aggirarla”. Ed è così che da molti anni una rete di numerosi call center ha calpestato il diritto alla riservatezza degli utenti, dimenticato il divieto di chiamare numeri senza il consenso preventivo del titolare, abolito il concetto di legalità della propria azione. Lo denunciamo ripetutamente da anni ed è quindi stata una piacevole sorpresa sapere che contro i call center scorretti sia tornato a muoversi in questi giorni il Garante per la privacy, che fin qui si era limitato ad appellarsi al buon senso .
Lo spiega l’Authority: dinanzi a “innumerevoli segnalazioni giunte dai cittadini”, insieme alla Guardia di Finanza sono state condotte delle ispezioni , con cui si sono accertati “trattamenti illeciti di dati personali e comportamenti non corretti nei confronti degli utenti, nonostante i richiami del Garante e lo specifico provvedimento generale adottato lo scorso anno dall’Autorità proprio per contrastare il fenomeno delle chiamate indesiderate effettuate per fini promozionali o per vendere direttamente prodotti e servizi”.
Vista la presenza di illeciti diffusi ci si potrebbero attendere multe, sospensioni di attività, blocco di linee telefoniche o sequestri preventivi di computer e database, che scattano per questioni molto più marginali. E invece no: le società “pizzicate” dovranno comunicare entro il 5 luglio il proprio piano di ritorno alla legalità sotto tutti i profili (organizzativi, tecnici, procedurali), un progetto di “rientro” che non potrà slittare oltre il prossimo 10 settembre 2007.
In pratica queste aziende e i gestori telefonici loro committenti dovranno entro tre mesi cessare l’uso indebito di numeri telefonici rastrellati illecitamente, controllare chi nei call center sia responsabile del trattamento dei dati e d’ora in poi informare gli utenti chiamati da dove vengano i loro dati e come vengano utilizzati, registrando al contempo l’eventuale volontà degli utenti di non essere più disturbati. Intendiamoci, avrebbero dovuto farlo anche prima, lo prevede la disciplina di settore, ma se ne sono dimenticati, non hanno voluto, hanno deciso di non farlo e, come si vede, le conseguenze di questo comportamento sono nulle .
Ed è quindi molto corretta la posizione del Garante, soprattutto quando si afferma che i call center dovranno “regolarizzare le banche dati informando gli utenti e ottenendo da essi lo specifico consenso all’utilizzo dei dati per scopi pubblicitari”. Un’affermazione che sembra indicare come i malcapitati, tirati dentro database usati illecitamente, dovranno pure ribadire che non sono d’accordo, evidentemente beccandosi una nuova telefonata. Sempre che ciò avvenga, sempre che qualcuno controlli, sempre che qualcuno registri ciò che accadrà.
Ma su tutto, ciò che svetta del commovente tremendo ultimatum del Garante è il suo senso finale, la convinzione cioè che questo possa davvero provocare un “ravvedimento” dei call center e che dopo l’estate in Italia non si avranno più chiamate indesiderate . Il che è, naturalmente, fantascienza, come già ebbi modo di scrivere, almeno per due ordini di motivi.
Il primo è il fatto che per molti call center outbound – quelli che ti rompono chiamano a casa – il grosso del profitto è legato alla quantità di contratti spacciati in giro senza che vi sia alcun controllo da parte delle società committenti sui metodi che certi loro accoliti utilizzano. Magari ti propongono Tele2, Sky o pesce surgelato ma se gli chiedi come hanno avuto il tuo numero riattaccano, se gli chiedi cosa sanno delle leggi sulla privacy riattaccano, così come riattaccano se gli chiedi da quale numero stiano chiamando e chiudono a volte anche se ti limiti a chiedere loro un nome, anche se più spesso te ne danno uno falso.
Il secondo punto è il sistema dei call center inbound , quelli che si chiamano per avere informazioni o servizi. Ci avevano raccontato che per telefono le procedure sono più rapide, che non ci si deve spostare per parlare con l’azienda, che si evitano file agli sportelli o problemi di parcheggio; poi ci hanno detto che con questa o quell’azienda si può dialogare esclusivamente via call center, che non serviva ricevuta scritta del contenuto delle conversazioni o dei servizi e beni eventualmente richiesti; poi hanno iniziato a trasformare i call center inbound in risponditori automatici, robotizzati, giungendo così alla più assoluta spersonalizzazione del rapporto tra azienda e suo cliente . Il quale, se vuole dire una cosa qualsiasi alla direzione dell’impresa di cui paga, ad esempio, bollette bimestrali, non ha altra scelta che ricorrere alla raccomandata con ricevuta di ritorno, magari minacciando il ricorso a un avvocato.
Io non so se il Garante stia facendo il massimo, presumo di sì visti i poteri ridottissimi che ha, ma si dovrebbe evitare di far circolare la fanfaluca secondo cui il sistema dei call center è redimibile . La sola idea fa sorridere chiunque ci abbia lavorato dentro, o abbia avuto a che fare con loro dall’interno, chiunque sappia da cosa dipende il flusso di denaro e come vecchi e nuovi call center vengano aperti e chiusi nel giro di pochi mesi, tutto nel nome del fare contratti costi quel che costi, che poi tanto nessuno controlla e, se lo fa, non provoca conseguenze.
Luddist
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