L’Agenzia delle Entrate è accusata di attingere in modo troppo disinvolto i dati di OpenStreetMap (OSM). A notare la curiosa somiglianza è stato un gruppo di utenti che comparando la mappa disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate dedicato all’Osservatorio del Mercato Immobiliare ( OMI ) con l’atlante open basato sul crowdsourcing e finanziato, tra gli altri, da Yahoo! e Microsoft, ha notato coincidenze notevoli in particolare relativamente ai nomi degli edifici ed alle situazioni nelle quali essi sono attraversati da strade.
A differenza di servizi con API proprietarie o a pagamento come quello di Google Map, OSM – definito tra l’altro la Wikipedia delle mappe – offre i propri contenuti gratuitamente, ma sempre nel rispetto della sua licenza Open Database che prevede in particolare l’attribuzione, cioè l’indicazione del nome della fonte accanto all’utilizzo dei suoi dati, nonché eventualmente che i dati derivati vengano redistribuiti con la stessa licenza. Nonostante questo, invece, sul sito dell’Agenzia delle Entrate dedicato all’OMI non vi è alcuna traccia di tale indicazione relativamente alla fonte dei dati utilizzati .
L’ente pubblico, per il momento, si è limitata a rinviare la questione a Sogei, la società pubblica di informatica a cui per legge si deve rivolgere per la realizzazione di tutti i prodotti informatici , che è quindi “l’unica responsabile della correttezza dei prodotti” e dell'”eventuale violazione”.
Per farsi sentire OSM ha deciso di dare il via ad una vera e propria campagna di comunicazione online , che su Twitter viene identificata dall’hashtag #agenziauscite : l’intenzione è – da un lato – fare uscire allo scoperto l’utilizzo dei suoi dati, dall’altro di approfittare della situazione per far pressione affinché si avvii una discussione pubblica sul rilascio dei dati del Catasto come Open Data. L’Agenzia delle Entrate, infatti, disporrebbe in linea teorica di un immenso patrimonio di mappe riconducibile appunto al Catasto, oggi Agenzia per il Territorio che fa direttamente riferimento proprio alle Entrate, e che potrebbe essere utilizzato ed eventualmente messo a disposizione del pubblico per il bene comune.
Questo tipo di approccio non è d’altronde scontato: polemiche, per esempio, al momento ci sono per l’utilizzo da parte dei governi dei dati dell’app di navigazione satellitare Waze. In occasione dei Mondiali di Calcio, la città di Rio de Janeiro ha stretto un accordo con Google per accedere ai dati dell’app, del corrispettivo per i mezzi pubblici Moovit e di quella per le biciclette Strava, e per impiegarli per individuare possibili ingorghi e problemi di circolazione.
Per quanto l’intenzione appaia meritoria, le app in cambio non ricevono soldi ma l’accesso ad altrettanti dati, quelli relativi alla gestione delle autostrade, dei sensori e delle telecamere pubbliche, dei lavori in corso e degli eventi organizzati dalla collettività: come in Brasile anche la Florida ha raggiunto un accordo simile. Questo scambio di informazioni con al centro i dati – seppur aggregati – degli utenti insomma non è privo di conseguenze per la loro privacy e necessita di raggiungere un equilibrio tra i due interessi opposti.
Claudio Tamburrino