Circa una settimana fa, uno scienziato superstar nonché campione dei pesi massimi della fisica contemporanea ci ha lasciato. Stephen Hawking, dopo 50 anni di lotta contro la SLA e di geniale attività di scienziato e divulgatore, non c’è più.
Niente pillole di fisica qui ed oggi; chi avesse bisogno di informazioni può tranquillamente trovarle ad un click di distanza, su Wikipedia o nelle sue pubblicazioni.
E nemmeno è di qualche utilità tessere i panegirici già abbondantemente diffusi da stampa e televisioni, i cui “coccodrilli” in questo caso sono stati mediamente di qualità accettabile.
Vale invece senz’altro consigliare, per coloro che volessero trarre profitto dalla sua grande opera di divulgatore scientifico, la lettura del suo capolavoro “Breve storia del Tempo” .
Per aggiungere un sorriso ad una ben triste prosa, chissà che lui, od il suo destino se un destino esiste, non abbia scelto per andarsene una data da vero scienziato: 3.14
Il dramma personale vissuto da Stephen Hawking dimostra a tutti noi che si può tentare di combattere e resistere a lungo a malattie atroci come la sua, conciliarla con fondamentali tappe della vita come sposarsi (e divorziare), avere ed educare figli, avere una vita professionale piena, ed infine andarsene sapendo di essere stato utile all’umanità.
La sua storia, da questo punto di vista, non rende tuttavia meno legittime o degne di rispetto scelte completamente diverse, fatte da altre sfortunate vittime della SLA.
Fornisce invece a quelli di noi che nel presente o nel futuro si trovassero a vivere lo stesso dramma una speranza in più, speranza che lui, da buon scienziato, buon divulgatore e buon mentore ha riassunto così: «Ricordatevi di guardare le stelle e non i vostri piedi… Per quanto difficile possa essere la vita, c’è sempre qualcosa che è possibile fare, e in cui si può riuscire.»
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