Lunedì quasi la metà dei telegiornali nazionali di prima serata è stata occupata dall’ultimo e largamente preannunciato “leak” di Wikileaks. Mentre scrivo perfino Crozza ci sta facendo la sua gag di apertura a Ballarò .
Contenuti ed interpretazioni di quest’ultima tranche di rilasci è meglio lasciarli alla cronaca, le reazioni dei governi di mezzo mondo anche, le reazioni del nostro Ministro degli Esteri pure. Sembrano invece assai significativi e degni di commento, anche perché poco o niente discussi, gli atteggiamenti verso Wikileaks dei giornalisti di casa nostra e dei cittadini italiani della Rete.
I giornalisti italiani, già.
Mi sembra una contraddizione per l’intera categoria il fatto che la quasi totalità degli articoli apparsi quest’anno in Italia su Wikileaks e Assange siano poco lusinghieri, quando non decisamente critici. Mi riferisco ovviamente e quegli articoli che non sono traduzioni o scopiazzature dalla stampa estera.
In primo luogo Wikileaks (e prima ancora Cryptome) sono stati preziose fonti informative largamente usate dai giornalisti italiani e stranieri, talvolta citandole ma anche no. Come tutte le fonti informative Wikileaks deve essere usata con senso critico, dote che agli addetti ai lavori della comunicazione non può certo mancare e fatto che non può certo sfuggire: o no? Perché, a meno di non spiegarla con giudizi poco lusinghieri sulla categoria, la quasi monocorde descrizione negativa del fenomeno Wikileaks rimane per me inspiegabile.
I cittadini della Rete, già.
Mistero nel mistero. Un tassello della Rete fa (apparentemente) tremare i potenti della Terra, occupa le prime pagine ed il prime time per giorni, cosa che la Rete stessa non è mai riuscita a fare, e quasi nessuno si incuriosisce. Pochi scrivono l’indirizzo nella barra del proprio browser, molti di quei pochi rinunciano subito perché il sito è lento o irraggiungibile. Assolutamente nessuno dei miei conoscenti ha dato un’occhiata alla sezione dedicata all’Italia, che su Wikileaks era presente da molto tempo, ben prima del recente rilascio dei non sorprendenti commenti del Segretario di Stato degli Stati Uniti e dei suoi funzionari sull’Italia e sul suo attuale Presidente del Consiglio.
Le due suesposte categorie umane sembrano unite e concordi su alcuni giudizi di un candore e di un pressappochismo estremi. Si sente dire che Wikileaks è di parte perché rivela prevalentemente documenti americani od europei e mai cinesi o russi: il distorto senso di par condicio tanto speso ultimamente in Italia viene applicato anche qui? Si sente dire (ma pensa un po’) che Wikileaks potrebbe essere parzialmente manovrato da agenzie a tre lettere, da paesi stranieri, da poteri economici o criminali e che quindi è inattendibile. Si sente dire (anche in Italia) che Julian Assange è un criminale che mette in pericolo vite di patrioti, e che dovrebbe essere subito arrestato per interrogarlo.
Non si sente dire invece che il problema Wikileaks è un problema solo per chi governa o esercita poteri in modo non trasparente e facendosi sfuggire informazioni riservate, che sicuramente finiscono sempre nelle mani delle spie e degli avversari, ma che stranamente danno molto più fastidio quando vengono messe in piazza e rese note a tutti.
Non si sente dire che per un normale cittadino sapere una mezza verità o una verità “di parte” è comunque molto, molto meglio che essere lasciato nell’ignoranza da parte dei media tradizionali, sempre meno oggettivi e decifrabili.
Soprattutto non si sente dire dai cittadini della Rete che Wikileaks è, dal punto di vista dell’informazione, una risorsa preziosa perché, nel bene e nel male, porta squarci di trasparenza in un mondo dell’informazione sempre più opaco e manovrato.
Marco Calamari
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