“Una stampa veramente libera – libera dalle preoccupazioni del nazionalismo – pare sia un problema terrificante per i governi eletti come lo è per le tirannie.” No, non è farina del sacco di Cassandra, ma sono le parole che da tempo volevo leggere nel lavoro di un giornalista.
Questa frase da me così a lungo cercata nella stampa di mezzo mondo, chiara, forte, senza compromessi, è la frase di apertura dell’ editoriale di Evan Hansen, direttore di Wired (edizione americana, ovviamente), uscita pochi minuti fa.
Nell’articolo c’è tutto, ed a parte il roboante titolo “Perché Wikileaks è una buona cosa per l’America”, esaurisce completamente l’argomento per qualsiasi paese al mondo, inclusa l’Italia.
Rende chiaro e lampante che il Re è nudo , che certi giochi sono troppo sporchi per sponsorizzarli, anche solo timidamente, senza lordarsi le mani.
Sono le parole di una voce scomoda che si prende rischi (siamo negli States) per risvegliare coscienze troppo a lungo assopite o peggio, colpevolmente silenziose.
Insegna il mestiere ai giornalisti di casa nostra, spesso piccoli e grigi ma contemporaneamente saccenti e vanitosi.
Una lezione perfetta per chi, come Cassandra, non aveva saputo trovare le parole giuste, ed ancor di più per una categoria che ormai davvero stenta a trovare una ragione virtuosa per la propria esistenza.
Marco Calamari
Lo Slog (Static Blog) di Marco Calamari
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