Bergamo – Forse non tutti sanno che uno dei papà del telefono cellulare ha origini italiane. Certo, gli italiani (e da cinque anni anche gli americani) sanno benissimo che il primo inventore del telefono fu Antonio Meucci . Ma se l’invenzione di Meucci oggi si è evoluta in qualcosa che può essere messa nel taschino, un po’ lo si deve anche all’italo-americano Andrew J. Viterbi , insignito ieri della laurea honoris causa in Ingegneria Informatica dall’Università degli Studi di Bergamo.
Nato nella città orobica nel 1935, emigrò negli USA con la famiglia nel 1939, acquisendo la cittadinanza americana e stabilendosi a Boston (il nome Andrea, considerato femminile negli States, fu cambiato in Andrew), dove studiò e conseguì un master presso il MIT , dove iniziò ad interessarsi di comunicazione tramite segnali digitali, ossia segnali che rappresentano le informazioni in forma numerica.
Sua, come si può facilmente intuire, la messa a punto dell’ algoritmo di Viterbi , ritenuto uno dei fondamenti della codifica delle trasmissioni digitali, della trasmissione dati su tecnologie GSM e CDMA, alla base dello standard UMTS. Nella sua carriera ha avuto la possibilità di collaborare con Wernher von Braun e prendere parte a programmi della NASA. È inoltre ricordato tra i nomi dei fondatori di Qualcomm . Nel 2004, l’istituto di Ingegneria dell’Università della California del Sud – presso cui Viterbi aveva conseguito il dottorato di ricerca – ha preso il nome di Viterbi School of Engineering .
La laurea conferitagli dall’ateneo bergamasco non è il primo riconoscimento avuto dalla sua patria d’origine: già nel 2004 fu insignito della laurea honoris causa in Informatica dall’Università “La Sapienza” di Roma. Alla cerimonia di conferimento tenutasi ieri a Bergamo sono intervenuti il rettore Alberto Castoldi, il sottosegretario del Ministero dell’Università e della Ricerca Nando dalla Chiesa, il presidente della Provincia di Bergamo Valerio Bettoni e il sindaco Roberto Bruni.
“Nella mia vita ho imparato due lezioni – ha dichiarato Viterbi durante la cerimonia – prima di tutto che è di massimo valore avere uno scopo pratico per impostare un problema e motivare la ricerca, anche se l’inchiesta porta a risultati insperati. Poi che serve moltissimo avere collaboratori e persino studenti coi quali discutere le nuove idee”.
“Nel quadro deludente e rassegnato che caratterizza l’Università in Italia la presenza del professor Viterbi rappresenta un motivo di fiducia e incoraggiamento – ha commentato il rettore Castoldi – Occorre, oggi, creare nuove prospettive, promuovere un patto sociale fra sapere e società. Tutto questo per ora non sta avvenendo, ma non per questo abbiamo rinunciato ad operare per la crescita dell’ateneo”
Un approfondimento sulla carriera di Andrew James Viterbi è disponibile in questo articolo curato dall’Università degli Studi di Bergamo.
Dario Bonacina