100 volte più veloce : questa è la promessa di alcuni scienziati dell’ Università di Sydney , che con una loro scoperta vorrebbero proprio riuscire ad accelerare la madre delle reti con costi irrisori .
Troppo bello, troppo wow? Tutto il traffico di Internet – ricorda ITWire che ha seguito la novità – viene instradato dai punti di origine a quelli di destinazione attraverso i router e gli switch, che spostano pacchetti di dati sulle diverse parti della rete, in accordo con gli indirizzi contenuti nei relativi flussi.
Lo stato dell’arte consente di far operare queste tecnologie alla velocità di 10 Gbps . Ed è proprio qui che interviene la nuova tecnologia di switching di cui parlano al Centre for Ultra-high bandwidth Devices for Optical Systems ( CUDOS ) dell’Ateneo, subito battezzata fotonica : porta queste tecnologie a lavorare in modalità ottica alla velocità di 640 Gbps .
Secondo l’Ateneo, “significa accesso praticamente istantaneo, privo di errori e senza alcun limite alla rete Internet, in qualsiasi parte del mondo”. Naturalmente, gli studiosi hanno rivolto le loro attenzioni alle grandi nervature, alle dorsali, a quelle aree della rete di grande portata: la soluzione individuata dall’Ateneo – chiarisce ITWire riferendosi all’Australia, ma anche altrove varrebbe lo stesso concetto – non potrebbe influire sulle reti di raccolta e distribuzione a livello locale.
Il professor Ken Eggleton, direttore del CUDOS, ha presentato lo studio alla Opto-Electronics and Communications Conference ( OECC ) di Sydney e ha precisato in una nota: “Si tratta di un critical building block , un passo fondamentale su quanto già esiste. Parliamo di reti potenzialmente 100 volte più veloci, senza imporre alcun ulteriore costo al consumatore”.
La tecnica
Frutto di una ricerca combinata tra il CUDOS, l’ Australian National University e la Technical University danese, con i fondi dell’Australian Research Council ( ARC ), l’idea si concretizza in quello che lo studio definisce uno switch fotonico .
In sostanza, agendo solo su fibra ottica si elimina il grande collo di bottiglia causato dal dover convertire dati da fotoni (luce) in elettroni (segnali elettrici) e viceversa diverse volte, man mano che i flussi attraversano la rete. E questo non sulle strutture locali – dove qualche apparato già esiste, pur se basato sulla conversione interna – ma proprio laddove è necessaria la maggiore velocità, cioè sulle grandi infrastrutture.
In pratica è proprio il concetto di switch a trasformarsi da quel che – oggi – si conosce come tale, in uno strumento completamente nuovo, dove i flussi entrano ottici , vengono elaborati e smistati restando ottici ed escono, ancora, sempre ottici .
La particolare tecnologia costruttiva adottata per l’implementazione materiale dello switch fotonico “funziona un po’ come gli scambi ferroviari, con la differenza che lo switch fotonico impiega un picosecondo per cambiare stato – spiega Eggleton – Ciò significa che in un secondo lo switch può passare da uno stato all’altro un milione di volte “.
Prospettive
La nuova tecnologia scoperta in Australia è per ora circoscritta all’ambiente accademico. Ma la promessa è talmente allettante che secondo i ricercatori potrebbe sollevare altre attenzioni a livello planetario, tanto più che l’Australia già da molto spinge per ottenere velocità sempre maggiori in rete.
Resta, purtroppo, il collo di bottiglia dell’infrastruttura di distribuzione. Alla luce di tutto ciò che si legge sulla penetrazione di Internet , nel Belpaese come in molte altre nazioni, dello stato delle centrali telefoniche, dell’ uso di miniDSLAM che “castrano” la velocità sopperendo maldestramente a ben altre manchevolezze infrastrutturali e delle mille altre problematiche che i lettori di Punto Informatico ben conoscono, riesce difficile immaginare che i vantaggi di una simile scoperta possano propagarsi rapidamente verso le scrivanie e i computer dell’utenza finale.
Quello che i luminari indicano come un processo di upgrade senza costi, per l’utenza finale sembra un concetto da prendere con le pinze: l’installazione di router e switch fotonici non riguarda l’utenza finale solo perché difficilmente – in ambiente domestico o di PMI – si disporrà di una terminazione di rete ottica. Tuttavia, sempre alla luce della letteratura in materia, riesce altrettanto difficile immaginare che i costi sostenuti dagli operatori che decidano di aggiornarsi non si propaghino abbattano, almeno in parte, sul contratto somministrato all’utenza finale. Magari conditi pure da prestazioni “maggiorate”.
Marco Valerio Principato