Sidney (Australia) – Il tribunale federale australiano che si occupa del caso che oppone le major del disco alla società che produce la piattaforma di file sharing Kazaa ha deciso che le prime potranno “frugare” nel materiale sequestrato in un recente blitz negli uffici di Sharman Networks.
Il sequestro stesso, peraltro, era stato eseguito da agenti e avvocati delle major che avevano ottenuto il permesso in una ordinanza del tribunale. Sharman ha tentato di rinviare l’esame di questi materiali affermando che sarebbe stato utile attendere i risultati del processo a suo carico che si sta tenendo negli USA e che presto dovrebbe arrivare a conclusione. Anche negli States Kazaa è, come noto, sotto accusa.
Il giudice australiamo Murray Wilcox ha invece deciso che si deve procedere e che l’accusa ha ora tutto il diritto di analizzare rigo per rigo e documento per documento tutto ciò che è stato trovato negli uffici dell’azienda e nelle case di alcuni dei suoi dirigenti.
Wilcox giustifica il blitz spiegando che in questo modo l’accusa ha potuto verificare dal vivo il funzionamento di Kazaa. “Si tratta – ha affermato – di una questione essenziale per l’accusa, quella di portare in tribunale le prove sulle operazioni del sistema Kazaa”. Prove che, come detto, non sono state raccolte dalla polizia.
Ma non è tutto qui. La decisione del tribunale federale infatti dà praticamente via libera al procedimento per violazione di diritto d’autore e favoreggiamento della pirateria. Il processo che per lungo tempo Sharman ha tentato di allontanare, dunque, ora si avvicina implacabilmente. I legali delle major coinvolte nella denuncia hanno peraltro già spiegato: “Siamo pronti già oggi per il processo. Questa sentenza è una vittoria totale per i detentori dei diritti di proprietà intellettuale”.
La situazione per Sharman in Australia è più delicata che altrove anche perché la sede legale dell’azienda è proprio in Australia e l’accusa si è concentrata esclusivamente sulle attività australiane degli utenti di Kazaa e della stessa Sharman. Il procedimento, dunque, potrebbe mettere per la prima volta in serio pericolo il futuro della società che ha prodotto il software di file sharing più scaricato della rete .